Page 10 - Sulla vita cenobitica o comune
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questa  comunione  lo  straniero  non  è  partecipe.  Né  è  in  comunione  con  gli
                  stranieri colui che in essa è trovato in modo tale da poter dire con il profeta: «Io
                  non comunicherò con i loro eletti».
                  Ebbene, questa comunione dei giusti è l’unità della chiesa, che in tutti i membri
                  di  Cristo  conserva  l’unità  dello  spirito  nel  vincolo  della  pace.  È  la  tunica  di
                  Cristo senza cuciture, non divisa, della quale Cristo dice: «Si son divise tra loro
                  le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte». Poiché come si è detto, pur
                  nell’unica  professione  di  fede  e  nella  partecipazione  ai  sacramenti  gli  uni  si
                  separano  dagli  altri  quasi  dividendosi  le  vesti  di  Cristo:  gli  uni  assumono  i
                  sacramenti della chiesa degnamente, gli altri indegnamente. Per questi la fede
                  senza le opere è morta; invece il giusto vivrà mediante la fede. Sulla tunica, per
                  contro, che non è divisa, vien gettata la sorte. Chi infatti, nell’amore di Cristo e
                  nell’obbedienza, si unisce alla società che è la chiesa entra a far parte di quella
                  sorte di cui è scritto: «Il Signore non lascerà pesare lo scettro degli empi sulla
                  sorte dei giusti». I giusti, ovunque siano, vivano soli o in comunità, per l’unità
                  che è data dalla pace della chiesa, per la comunione che nasce dall’obbedienza e
                  dalla carità sono membra dell’unico corpo e non sopportano divisione alcuna: è
                  il motivo per cui Abramo, quando su ordine  di Dio  prese una giovenca, una
                  capra e un ariete, divise in due tutti questi animali e collocò ogni metà di fronte
                  all’altra  innanzi  a  sé,  ma  gli  uccelli,  cioè  la  tortora  e  il  piccione,  non  furono
                  divisi.
                  A questa comunione dei giusti allude l’apostolo quando dice: «Un solo Signore,
                  una sola fede, un solo battesimo». Solo al Signore si deve obbedienza, Cristo lo
                  mostra  chiaramente  quando  dice:  «Nessuno  può  servire  a  due  padroni».  Ma
                  l’obbedienza  è  compagna  inseparabile  della  carità,  è  ancora  lui  che  lo  attesta
                  quando dice: «Se uno mi ama osserverà la mia parola»; e continua: «Chi non mi
                  ama  non  osserva  le  mie  parole».  Ecco  dunque  che  l’obbedienza  all’unico
                  Signore, l’unica fede, l’unico battesimo generano l’unica comunione dei giusti.
                  Chi rimane in questa comunione fino alla fine condividerà la sorte degli eletti e
                  non  sarà  eliminato  dal  popolo  di  Dio.  Molti,  è  vero,  appartengono  a  questa
                  comunione  e  vivono  in  modo  rilassato  e  indolente,  ma  non  fino  al  punto  di
                  perdersi; sul fondamento che è Cristo non costruiscono con oro, argento e pietre
                  preziose, ma con legno, fieno e paglia. Grazie al fondamento essi saranno salvi,
                  però come attraverso il fuoco.
                  Tuttavia questa comunione di grazia di cui si è detto finora, benché necessaria
                  all’istituzione di quella vita che si chiama normalmente  vita comune, da sola
                  non  può  assolutamente  bastare  a  quella  così  designata  nell’accezione  di  vita
                  religiosa.


                                          VII. LA COMUNIONE DI GRAZIA
                                       CHE È MADRE DELLA VITA COMUNE

                  Vi è un altro tipo di comunione, quella di quanti vivono in comunità. Di essi è
                  detto: «La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e
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