Page 15 - Sulla vita cenobitica o comune
P. 15

perdonata; e con le sue  attenzioni e  le sue delicatezze  toglie ogni sospetto di
                  aver agito per cattiveria. E ancora, a nostra edificazione: se l’occhio si accorge
                  che una spada minacciosa sta per essere vibrata a ferire il capo, subito, in un
                  impeto di amore o di furore, la mano quasi folle si interpone, si offre alla spada,
                  addirittura le va incontro; corre al proprio pericolo, e mentre teme per il capo
                  non teme per sé; purché sia risparmiato il capo non risparmia se stessa.
                  Fratelli  che  amate  in  Cristo,  dove  ci  conducono  questi  esempi,  se  non  a  una
                  reciproca sottomissione, a una reciproca umiltà, a una reciproca carità? Dio non
                  ha  forse  scritto  in  noi  una  legge  d’amore,  che  ci  sia  d’insegnamento  su  noi
                  stessi? Se egli ci ha dato la legge ci dia anche la benedizione; sia per noi pastore
                  nell’innocenza  del  nostro  cuore;  ci  guidi  nell’intelligenza  delle  opere  delle
                  nostre  mani  sulla  via  della  pace,  perché  conserviamo  l’unità  dello  spirito  nel
                  vincolo della pace, perché serbiamo l’amore di Dio nell’amore del prossimo. Se
                  unanimi e concordi, nella purezza del nostro impegno monastico noi cerchiamo
                  di amare Dio, senz’alcun dubbio l’amore di Dio viene riversato nei nostri cuori
                  per mezzo dello Spirito santo, e l’unico Spirito di Dio vivifica quest’unico corpo
                  che noi siamo. Così nessuno di noi vive per se stesso ma per Dio, e noi tutti,
                  grazie  all’unico  Spirito  che  abita  in  noi,  viviamo  nell’unità  dello  spirito.
                  Quest’unità  di  spirito  che  è  presente  in  noi  grazie  all’amore  di  Dio  è  in  noi
                  conservata in virtù del nostro voler bene al prossimo, che ci consente al tempo
                  stesso di rimanere saldi nel voler bene a Dio, e rimanendo in questo di rimanere
                  in Dio e Dio in noi. Nel voler bene al prossimo si rivela, si dilata e si fortifica il
                  voler bene a Dio.
                  Dio, certo, può essere totalmente appagato da se stesso: egli basta a se stesso per
                  il  possesso  di  ogni  bene,  e  non  ha  bisogno  dei  nostri  beni;  nessuno  gli  può
                  nuocere se non lo ama, né può giovargli o dargli qualcosa in più se lo ama. Per
                  questo  quando  avremo  fatto  bene  ogni  cosa  dovremo  dire:  «Siamo  poveri
                  servi». Ciò che facciamo di bene è di giovamento non tanto a lui quanto a noi.
                  Tuttavia Dio va amato non a parole né con la lingua, come amano quelli di cui è
                  scritto: «Lo amavano con la bocca e gli mentivano con la lingua». Dio, che in sé
                  non ha bisogno dei nostri benefici, ha in certo modo delegato a noi i fratelli e il
                  prossimo, che invece ne hanno bisogno. Saranno essi a ricevere quei benefici, e
                  noi siam tenuti a effonderli su di loro in vece sua. Nessuno perciò lusinghi se
                  stesso sull’amore di Dio, nessuno si inganni pensando di amarlo: se non ama il
                  prossimo  non  ama  Dio.  Se  ogni  uomo  non avesse  uno  strumento  con  cui  far
                  prova di se stesso, con cui saggiarsi, se cioè non amasse il prossimo che vede,
                  che ha davanti a sé come delegatogli da Dio e cui deve rendere il suo debito
                  d’amore,  come  potrebbe  mai  amare  Dio  che  non  vede,  che  non  gli  si  mostra
                  presente  e  bisognoso?  In  quale  altro  modo  potrebbe  beneficare  Dio  se  non
                  effondendo benefici su colui nel quale egli è bisognoso? Perché in sé Dio non ha
                  bisogno  di  nulla:  è  nelle  sue  membra  che  egli  chiede  e  riceve,  che  è  amato  e
                  disprezzato.  Dunque  nel  voler  bene  al  prossimo,  come  attraverso  un  legame
                  d’amore e un vincolo di pace, l’amore di Dio e l’unità dello spirito vengono da
                  noi trattenuti e in noi serbati. Chi non vuol bene al fratello si scosta dall’unità
                  dello spirito, non ama Dio e non vive dello Spirito di Dio, ma del suo proprio
   10   11   12   13   14   15   16   17   18   19   20