Page 17 - Sulla vita cenobitica o comune
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impedisce certo la sua comunione con la natura umana; anzi, proprio grazie al
                  rapporto di generazione questa natura vien propagata dall’uno all’altro senza
                  che  in  alcun  modo  la  proprietà  costituita  dalla  generazione  pregiudichi  la
                  comunione di natura. Il potere della grazia non è inferiore a quello della natura
                  creata: e grazia straordinaria è l’amore che viene riversato nel cuore dei santi.
                  Poiché  lo  Spirito  santo,  per  mezzo  del  quale  l’amore  viene  riversato,  ama
                  effondere, dato che lui stesso viene effuso. «Io effonderò il mio Spirito», dice il
                  Signore.
                  Chi dunque riceve da Dio un dono suo proprio dev’essere cosciente di averlo
                  non per sé soltanto, ma per Dio e per il prossimo. Per Dio, cercando quindi nel
                  dono  di  Dio  non  la  gloria  personale  ma  la  gloria  di  Dio;  per  il  prossimo,
                  fissando  sempre  lo  sguardo  sull’utilità  comune  e  non  sulla  propria.  La  carità
                  infatti non cerca il suo interesse, ma quello di Gesù Cristo; ama la comunione,
                  non  la  proprietà  sottratta  alla  comunione.  Ama  tanto  la  comunione  che  può
                  giungere a non rivendicare dei beni che spettano di diritto a sé e di cui altri si
                  sono  impadroniti.  Generosa  è  la  carità,  e  rifugge  dalle  liti;  non  cerca  il  suo
                  interesse, non vuole contendere in tribunale ove la carità è messa a repentaglio.
                  Preferisce esser vittima dell’inganno che perire, patire un danno piuttosto che la
                  perdita di se stessa. Perché dovrebbe rivendicare ostinatamente ciò che non ha
                  se è pronta a dare ciò che ha? Il dono proprio di ciascuno porta al bene della
                  comunione:  così  ciò  che  è  di  uno  quanto  alla  proprietà  del  dono  ricevuto
                  diventa  di  un  altro  quanto  all’utilità  del  dono  comunicato.  Per  questo  dice  il
                  beato Pietro: «Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio
                  degli altri. Chi parla, lo faccia come con parole di Dio; chi esercita un ufficio, lo
                  compia con l’energia ricevuta da Dio, perché in tutto venga glorificato Dio». E
                  anche Paolo dice: «A ciascuno è stata data una manifestazione particolare dello
                  Spirito per l’utilità comune». Che è mai la manifestazione dello Spirito data per
                  l’utilità comune se non il dono della grazia che dev’essere manifestato, svelato
                  per quanto possibile a utilità del prossimo? Chi è sapiente non lo sia solo per sé,
                  ma dica: «Senza frode imparai e senza invidia comunicai». Chi ha comunichi a
                  chi non ha, come avverte colui che dice: «Date e vi sarà dato». L’avidità, incline
                  com’è  a  non  comunicare,  trattiene  per  sé  ciò  che  ha:  quanto  è  contraria  alla
                  comunione, tanto  è nemica della carità. Dalla penna di un poeta pagano così
                  vien lodato un pagano privo della vera fede e del vero Dio, privo di speranza
                  nella vera resurrezione e nella vera beatitudine: «Nato si pensa non già per se
                  stesso, ma per tutto il mondo».
                  Quanto  più,  allora,  presso  dei  cristiani,  e  soprattutto  presso  dei  religiosi  che
                  fanno professione di vita comune, in ogni cosa si deve avere e si deve mostrare
                  la logica della comunione! Essa fa sì che chi è buono per sé lo sia anche per gli
                  altri,  e  non  sia  gravoso;  che  chi  possiede  il  linguaggio  della  sapienza  e  della
                  scienza, o un carisma particolare nell’attività esteriore o nell’amministrazione o
                  un altro qualsiasi carisma grande o piccolo, lo ritenga datogli da Dio per il bene
                  degli  altri.  E  sempre  tema  che  il  carisma  ricevuto  finisca  con  l’essergli  di
                  ostacolo  se  non  si  cura  mediante  esso  di  giovare  all’altro. Invano  si  riceve  la
                  grazia  di  Dio  se  mediante  essa  non  si  cerca  la  gloria  di  Dio  e  l’utilità  del
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