Page 16 - Sulla vita cenobitica o comune
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spirito: vive ormai di se stesso, non di Dio.


                                         X. CONDIVISIONE DI OGNI COSA

                  La comunione si muove nell’amore del prossimo: ove vi  è piena accettazione
                  dell’amore  vi  è  piena  comunione.  Non  vi  è  comunione  più  piena  della
                  comunione di ogni cosa, secondo quanto sta scritto:  «Ogni cosa era comune».
                  Tuttavia  può  creare  perplessità  quello  che  vien  detto  poco  dopo:  «Veniva
                  suddiviso ai singoli secondo il loro bisogno». Che rapporto ci può essere fra la
                  comunione e la divisione, fra la comunione e la proprietà? Se veniva suddiviso
                  ai  singoli  secondo  il  loro  bisogno,  quel  che  era  richiesto  dalle  necessità  di
                  ciascuno  passava  all’uso  e  alla  proprietà  dei  singoli.  Se  i  singoli  avevano
                  necessità diverse e a causa di esse percepivano sussidi personali, se uno aveva
                  le sue personali debolezze e per rimediarvi riceveva aiuti personali, oppure era
                  colpito da una sua personale sciagura e quindi riceveva un personale sollievo,
                  come si può dire che ogni cosa era fra loro comune? Alcuni avevano qualcosa di
                  proprio.
                  L’apostolo rende ancor più grave il problema quando dice: «A ciascuno è data
                  una  manifestazione  particolare  dello  Spirito  per  l’utilità  comune».  E  ancora:
                  «Ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro». E infine:
                  «Vi sono diversità di carismi, vi sono diversità di ministeri, vi sono diversità di
                  operazioni».  Come  può  esservi  comunione  di  ogni  cosa  ove  vi  sono  tante
                  diversità di carismi e doni particolari dati ai singoli? Che dire su questo? E chi
                  può rispondervi? Ecco qualcosa di arduo agli occhi miei. Tuttavia vediamo se il
                  nodo  dell’amore,  che  non  deve  mai  essere  sciolto,  può  essere  in  grado  di
                  sciogliere a sua volta il nodo di questo problema. Ebbene, lo può. La carità è
                  capace di ricondurre alla comunione, a suo arbitrio, ciò che è proprio: e ciò non
                  eliminando il suo carattere di proprietà, ma facendo sì che la proprietà conduca
                  alla  comunione,  non  resista  alla  comunione,  non  impedisca  il  bene  della
                  comunione. La divisione, la proprietà che impedisce il bene della comunione è
                  del  tutto  estranea  alla  carità.  La  carità  ama  la  comunione,  ama  anche  quella
                  proprietà  che  favorisce  il  bene  della  comunione  o  che  quanto  meno  non
                  impedisce  la  comunione.  Anzi,  la  comunione  non  può  esistere  senza  la
                  proprietà,  anche  se  questa  può  certamente  esistere  senza  il  bene  della
                  comunione. Come infatti vi potrebbe essere qualcosa in comune, se la proprietà
                  non  distinguesse  l’uno  dall’altro  quanti  posseggono  qualcosa  in  comune?
                  Nell’altissima e indivisibile Trinità unica è l’unità, una è l’eternità, una la forza,
                  una la sapienza, una la vita, una l’essenza, e tutto ciò è comune alle tre persone.
                  Ogni persona si distingue dalle altre grazie a una sua proprietà, ma una sola
                  beatitudine è comune a tutt’e tre. E questo possedere in comune non impedisce
                  che solo il Padre sia Padre: poiché non è Padre per se stesso, ma per il Figlio
                  ch’egli ha generato dalla sua sostanza e cui ha permesso, generandolo, di avere
                  la vita in se stesso. Voglio dirlo usando un linguaggio più vicino alle realtà della
                  nostra esperienza quotidiana: la proprietà per la quale un uomo  è padre non
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