Page 24 - Spiegazione del Credo
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37. Poi la tradizione di fede afferma: la santa Chiesa. Già sopra abbiamo spiegato il
motivo perché non sia detto anche qui: «nella santa Chiesa», ma «la santa Chiesa».
Perciò coloro che sopra hanno appreso a credere in un solo Dio nel mistero della
Trinità, debbono credere anche questo: che una soltanto è la santa Chiesa, nella quale
una sola è la fede, uno solo il battesimo, nella quale si crede in un solo Dio Padre e in
un solo Signore Gesù Cristo Figlio suo e in un solo Spirito Santo. Questa perciò è la
santa Chiesa, che non ha macchia né ruga (Ef 5, 27). Infatti anche molti altri hanno
riunito chiese intorno a sé, come Marcione Valentino Ebione Mani e tutti gli altri
eretici. Ma quelle chiese non sono senza macchia e ruga di perfidia; perciò di loro
diceva il profeta: «Ho odiato la chiesa dei malvagi e non siederò insieme con gli empi»
(Sal 25, 5). Invece di questa Chiesa, che conserva integra la fede di Cristo, ascolta che
cosa dice lo Spirito Santo nel Cantico dei cantici: «Una sola è la mia colomba, una sola
la perfetta per sua madre» (Ct 6, 8). Perciò chi riceve questa fede nella Chiesa, non si
volga ai concili di vanità e non si metta con quelli che fanno il male (Sal 25, 4).
Infatti concilio di vanità è quello che fa Marcione, il quale nega che il Padre di Cristo
sia il Dio creatore, che per mezzo di suo Figlio ha creato il mondo. Concilio di vanità è
ciò che insegna Ebione, che bisogna credere in Cristo in modo tale da praticare la
circoncisione della carne, l’osservanza del sabato, la solennità dei sacrifici e tutte le
altre osservanze secondo la lettera della Legge. Concilio di vanità è ciò che insegna
Mani, che per prima cosa ha affermato di essere proprio lui il paracleto; poi dice che il
mondo è stato fatto dal male, nega che Dio sia il creatore, respinge il Vecchio
Testamento; afferma che ci sono una natura buona e una cattiva, reciprocamente
coeterne; sostiene secondo la dottrina dei Pitagorici che le anime degli uomini secondo
diversi cicli di generazione passano nelle pecore, nelle bestie feroci e in altri animali;
nega la resurrezione della nostra carne, sostiene che la nascita e la passione di Cristo
sono avvenute non nella realtà della carne ma in apparenza.
Concilio di vanità è anche ciò che ha sostenuto Paolo di Samosata e poi il suo
successore Fotino: che Cristo non è nato prima dei tempi dal Padre ma ha avuto inizio
da Maria; e ritiene non che egli Dio sia nato come uomo ma che da uomo sia diventato
Dio. Concilio di vanità è anche ciò che hanno insegnato Ario ed Eunomio, i quali
sostengono che il Figlio di Dio non sia nato dalla stessa sostanza del Padre, ma sia stato
creato dal nulla. Concilio di vanità è anche quello che fanno coloro i quali affermano, sì,
che il Figlio deriva dalla sostanza del Padre, ma separano e distaccano lo Spirito Santo,
mentre invece il Salvatore nel vangelo ha dimostrato che una sola e la stessa è la
potenza e la divinità della Trinità, dicendo: «Battezzate tutte le genti nel nome del Padre
e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28, 19). Ed è evidentemente empio che l’uomo
separi ciò che è unito in forza della divinità. Concilio di vanità è anche quello che non
molto tempo fa ha riunito una ostinazione tenace e perversa, affermando che Cristo
certo ha assunto carne umana, ma non anche un’anima razionale, mentre invece una
sola e la stessa salvezza è stata apportata da Cristo alla carne e all’anima e alla
sensibilità e alla mente. È concilio di vanità anche quello che Donato ha riunito in
Africa accusando falsamente la Chiesa di aver consegnato i libri sacri; e quello che ha
messo su Novaziano rifiutando la penitenza ai peccatori e condannando le seconde
nozze, anche se talvolta la necessità abbia costretto a contrarle.
Perciò tutte queste fuggile quali riunioni di malvagi. E anche quelli, se ce ne sono, di cui
si dice che affermino che il Figlio di Dio non vede e conosce il Padre allo stesso modo
con cui è conosciuto e visto dal Padre, che il regno di Cristo dovrà finire e che la carne
non risorgerà conservando intatta la sostanza della sua natura, che non ci sarà il giusto
RUFINO DI AQUILEA – Spiegazione del Simbolo pag. 22 di 27