Page 15 - Spiegazione del Credo
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Il vangelo ci insegna che Giuda, uno degli amici e dei commensali di Cristo, lo tradì (Mt
                  26, 14-16): ascolta come ciò venga predetto nei Salmi: «Uno che ha mangiato il mio
                  pane, ha teso l’insidia contro di me» (Sal 40, 10). E in un altro luogo: «I miei amici e i
                  miei congiunti si sono avvicinati e stettero contro di me» (Sal 37, 12). E ancora: «Si
                  sono ammorbidite le loro parole più dell’olio, ed esse erano dardi» (Sal 54, 22). Vuoi
                  vedere in che modo si sono ammorbidite? «Venne – è detto – Giuda da Gesù e gli disse:
                  Salve, Maestro, e lo baciò» (Mt 26, 49). Con l’allettamento dolce di un bacio infisse il
                  dardo  esecrando  del  tradimento.  Per  cui  il  Signore  gli  dice:  «Giuda,  con  un  bacio
                  tradisci il Figlio dell’uomo?» (Lc 22, 48).
                  Senti dire che egli è stato valutato trenta monete d’argento dalla cupidigia del traditore
                  (Mt 26, 15). Ascolta anche su questo particolare la parola del profeta: «Dissi loro: Se vi
                  par bene, datemi la ricompensa oppure dite di no». E subito dopo: «E ricevetti trenta
                  monete d’argento e le gettai nella casa del Signore per essere fuse» (Zac 11, 12-13).
                  Non è proprio questo ciò che si legge nel vangelo, che Giuda preso da penitenza riportò
                  indietro il danaro, lo gettò nel tempio e si allontanò? (Mt 27, 3-5). Bene anche il profeta
                  ha parlato di ricompensa di Giuda, col sentimento di chi accusa e rimprovera. Infatti
                  tante opere buone Gesù aveva fatto presso di loro: aveva dato la vista ai loro ciechi,
                  l’uso dei piedi agli zoppi, la possibilità di muoversi ai paralitici; aveva restituito anche
                  la vita ai morti (Gv 10, 32; Mt 11, 5). In contraccambio di tutti questi benefici gli danno
                  la  morte,  valutata  al  prezzo  di  trenta  monete  d’argento.  Nel  vangelo  è  detto  anche
                  ch’egli  fu  legato.  Lo  aveva  predetto  la  parola  del  profeta,  dicendo  così  per  bocca  di
                  Isaia: «Guai alle loro anime, perché hanno fatto un pessimo pensiero contro sé stessi,
                  dicendo: Incateniamo il giusto, perché ci è molesto» (Is 3, 9; Ez 38, 10; Sap 2, 12).

                  19. Ma qualcuno obietterà: Ma dobbiamo intendere tutto ciò del Signore? Che forse il
                  Signore  poteva  essere  preso  dagli  uomini  e  tratto  in  giudizio?  Proprio  di  questo  ti
                  convincerà il medesimo profeta con queste parole: «Il Signore verrà in giudizio con gli
                  anziani e con i capi del popolo» (Is 3, 14). Proprio il Signore viene giudicato secondo la
                  testimonianza del profeta: non solo giudicato ma flagellato, percosso nel volto con le
                  mani e sputacchiato (Gv 19, 1-3); e per noi sopporta ogni offesa e indegnità. E poiché
                  tutti si sarebbero stupiti ad udire tali cose dagli apostoli, ecco che ancora il profeta in
                  loro persona esclama e dice:  «Signore, chi ha creduto alla nostra parola?» (Is 53, 1).
                  Infatti era incredibile che si dicesse che Dio Figlio di Dio avesse patito tali tormenti;
                  perciò questi vengono predetti dai profeti affinché non avessero a dubitare coloro che
                  avrebbero creduto. Ecco pertanto che lo stesso Cristo Signore dice in sua persona: «Ho
                  presentato la mia schiena ai flagelli e le mie guance alle percosse, e non ho distolto la
                  mia faccia dalla vergogna degli sputi» (Is 50, 6).
                  Fra gli altri patimenti è scritto anche che legatolo lo condussero al cospetto di Pilato (Mt
                  27, 2). Anche questo ha predetto il profeta, là dove dice: «E legatolo lo condussero in
                  dono al re Iarim» (Os 10, 6). A meno che uno non faccia questa obiezione: Ma Pilato
                  non  era  re.  Ma  sta  a  sentire  che  cosa  dice  il  vangelo  subito  dopo:  «Pilato,  ad  udire
                  ch’egli era della Galilea, lo mandò ad Erode, che allora era re in Israele» (Lc 23, 6-7).
                  Ed a ragione il profeta ha aggiunto il nome Iarim, che significa selvatico. Infatti Erode
                  non era della casa d’Israele né di quella vigna israelitica, che il Signore aveva portato
                  fuori dall’Egitto e aveva piantato in cima ad un fertile colle (Is 5, 1); ma era selvatico,
                  cioè apparteneva alla selva degli stranieri: per questo è chiamato selvatico, come quello
                  che mai era cresciuto dai tralci della vite d’Israele. E anche ciò che ha detto il profeta:
                  «in dono», si adatta benissimo. Allora infatti – come afferma il vangelo (Lc 23, 12) –


                  RUFINO DI AQUILEA – Spiegazione del Simbolo                                  pag. 13 di 27
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