Page 88 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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deserto. Non così lo stolto: tutte le cose troverai presso di lui trascurate, tutte
abbandonate, incolte e sporche. Non c’è vigna per lo stolto. Come potrebbe
essere tale dove nulla è piantato, nulla appare in qualche modo lavorato? La
vita dello stolto è tutta una selva di triboli e spine; che razza di vigna sarebbe
questa? Anche se lo è stata non lo è più ora, ridotta com’è in desolazione. Dov’è
la vite della virtù? Dove il grappolo delle opere buone? Dove il vino della
spirituale letizia? Sono passato per il campo dell’uomo pigro, dice, e per la vigna di un
uomo insensato: ecco, ovunque erano cresciute le ortiche e il terreno era coperto di spine,
e la maceria intorno era rovinata (Pr 14,30-31). Senti come il sapiente canzona lo
stolto perché ha ridotto, trascurandola, in non vigna la sua primitiva vigna, cioè
i beni di natura e i doni di grazia che aveva forse ricevuto per il lavacro di
rigenerazione, come appunto una vigna piantata da Dio, e non dall’uomo.
Infine, non ci può essere vigna dove non c’è vita. Poiché quella che vive lo stolto
la riterrei piuttosto morte che vita. Come infatti si può conciliare la vita con la
sterilità? Una pianta secca e che non dà più frutto non viene forse giudicata
morta? E anche i sarmenti sono morti. Uccise con la grandine le loro vigne (Sal
77,47), dimostrando prive di vita quelle che erano condannate alla sterilità. Così
lo stolto, per il fatto che vive inutilmente, pur vivendo è morto.
II. 3. Solo, pertanto, il sapiente ha veramente, o piuttosto, è veramente vigna.
Egli è una pianta che produce frutto nella casa di Dio, e per questo pianta
vivente. Infatti, la sapienza stessa per la quale vien detto ed è sapiente è albero
della vita per chi la possiede. Come non sarebbe vivo colui che la possiede?
Vive, ma di fede. E se l’anima del giusto è sede della sapienza (Rm 1,17), davvero è
sapiente colui che è giusto. Costui, dunque, sia che lo chiami giusto, sia
sapiente, non vive mai senza vigna, perché sempre vive. Per lui la vigna è come
la vita. E buona è la vigna del giusto; anzi, buona vigna il giusto, per il quale la
virtù è come vite, le sue azioni tralci, e per il quale il vino è la testimonianza
della coscienza, a cui la lingua serve come torchio di espressione. La nostra gloria
è questa, dice, la testimonianza della nostra coscienza (2 Cor 1,12). Vedi come nel
sapiente nulla è trascurato? Le parole, il pensiero, la condotta e tutto quello che
lo riguarda, non è tutto campo coltivato di Dio, casa di Dio e vigna del Signore
degli eserciti? E che cosa per lui può andare a male di lui stesso, quando le sue
foglie non cadranno mai? (Sal 1,3).
4. Del resto, a una tale vigna non mancheranno mai infestazioni o insidie.
Davvero dove sono molti beni, molti sono quelli che ne mangiano (Eccli 5,10). Il
sapiente sarà sollecito nel preservare la sua vigna non meno che nel coltivarla,
né permetterà che la divorino le volpi. Pessima volpe è l’occulto detrattore, ma
non meno cattivo è il blando adulatore. Il sapiente si guarderà da costoro. Si
adopererà per quanto è in lui a prendere quelli che così agiscono, ma a
prenderli con i benefici e i servizi, con salutari ammonimenti e orazioni per loro
a Dio. Non cesserà così di accumulare sul capo del maldicente carboni ardenti, e
così sulla testa dell’adulatore, fino a che non riesca a togliere, se è possibile, dal
cuore di quello l’invidia, e da questo la simulazione, mettendo così in pratica il