Page 57 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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attestazioni divine. III. Per quali gradi l’anima esamina l’avvicinarsi o il venire dello sposo. IV.
                  Vicissitudini della casta contemplazione; distinzione fra «amica», «colomba» e «bella» in Maria,
                  Lazzaro e Marta.


                  I. 1. E il mio diletto mi parla (Cant 2,10). Vedete il procedimento della grazia, e
                  badate ai gradi della divina degnazione. Considerate la devozione e la solerzia
                  della sposa, con quale occhio vigile osservi la venuta dello Sposo, e in seguito
                  nulla  le  sfugge  delle  cose  di  Lui.  Egli  viene,  accelera  il  passo,  si  avvicina,  è
                  presente,  guarda,  parla,  e  nulla  di  questi  vari  momenti  sfugge  all’attenzione
                  della sposa, nulla  che non sia subito conosciuto da lei. Viene  negli Angeli, si
                  affretta nei Patriarchi, si avvicina nei Profeti, è presente nella carne, guarda nei
                  miracoli, parla negli Apostoli. Oppure così: viene con l’affetto e la volontà di
                  usare  misericordia,  si  affretta  con  lo  zelo  nel  portar  soccorso,  si  avvicina
                  umiliando se stesso, è presente ai presenti, guarda a quelli che saranno, parla
                  insegnando e persuadendo circa il regno di Dio. Così dunque viene lo Sposo.
                  Con  lui  sono  le  benedizioni  e  le  ricchezze  della  salute,  e  tutte  le  cose  che  lo
                  riguardano  abbondano  di  delizie,  piene  certamente  di  giocondi  e  salutari
                  misteri.  Ora,  colei  che  ama,  veglia  e  osserva.  E  beata  lei  che  il  Signore  avrà
                  trovato vigilante. Non passerà oltre da lei, ma si fermerà e le parlerà, dirà parole
                  d’amore:  parlerà,  infatti,  come  diletto.  Così  è  infatti  scritto:  E il mio diletto mi
                  parla. Giustamente diletto, che viene a parlare d’amore, non a rimproverare.

                  2.  La  sposa  non  è  infatti  di  quelli  che  con  ragione  vengono  rimproverati  dal
                  Signore, perché sapevano interpretare i segni del cielo, ma non avevano affatto
                  conosciuto il tempo della sua venuta. Costei, infatti, tanto solerte e prudente e
                  così bene vigilante, lo ha visto venire da lontano, e lo ha scorto saltante per la
                  fretta,  e,  sorpassando  i  superbi,  lo  ha  con  acutezza  notato,  che  con  umiltà  si
                  avvicinava  a  lei  umile;  ed  infine  quando  già  stava  presente  nascondendosi
                  dietro la parete, riconobbe tuttavia la sua presenza, e si accorse che guardava
                  attraverso  le  finestre  e  i  cancelli.  E  ora  in  ricompensa  di  tanta  devozione  e
                  religiosa sollecitudine, le viene concesso di sentirlo parlare. In verità, se avesse
                  guardato  e  non  avesse  per  nulla  parlato,  quello  sguardo  sarebbe  potuto
                  sembrare sospetto, potendosi interpretare come segno di indignazione più che
                  di dilezione. Cristo ha guardato Pietro senza dire parola; e forse per questo egli
                  pianse, perché quando lo guardò non disse nulla. La sposa, invece, che dopo
                  aver meritato di vederlo lo ha pure udito parlarle, non solo non piange, ma se
                  ne gloria pure esclamando piena di gioia: E il mio diletto mi parla. Vedi come lo
                  sguardo del Signore, pur essendo sempre lo stesso in sé, non ha però sempre la
                  medesima  efficacia,  ma  si  adatta  ai  meriti  di  coloro  che  guarda,  e  ad  alcuni
                  incute timore, ad altri invece reca piuttosto consolazione e sicurezza. Guarda la
                  terra, dice il Salmo, e la fa tremare (Sal 103,32), mentre all’opposto, guarda Maria
                  e  le  infonde  la  grazia.  Guardò, dice,  l’umiltà della sua serva; d’ora in poi tutte le
                  generazioni mi chiameranno beata (Lc  1,48).  Queste  non  sono  parole  di  una  che
                  piange  o  trepida,  ma  di  una  che  è  nella  gioia.  Similmente  in  questo  luogo
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