Page 53 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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13,12),  non  però  imperfettamente  sono  conosciuto,  bensì  in  modo  perfetto.
                  Temo  l’aspetto  di  quell’esploratore  che  sta  di  là  dalla  parete.  Questo  infatti
                  aggiunge  di  Lui  la  Scrittura,  dopo  averlo  paragonato  al  capriolo  per  l’acume
                  della vista: Ecco egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia attraverso i
                  cancelli (Cant  2,9).  Di  questo  parleremo  a  suo  luogo.  Temo,  dunque,  l’occulto
                  esploratore delle cose occulte. La sposa non teme nulla, perché non ha coscienza
                  di  alcuna  colpa.  E  che  cosa  dovrebbe  temere  l’amica,  la  colomba,  la  bella?
                  Infatti,  più  sotto  dice:  Ora il mio diletto parla con me (Cant  2,10).  Con  me  non
                  parla, e perciò ne temo l’aspetto, perché non ho testimonianza in mio favore. Tu
                  che cosa ti senti dire, o sposa? Che cosa ti dice il tuo diletto? Sorgi amica mia, mia
                  colomba, mia bella (Cant 2,10). Ma anche questo voglio riservare al principio di
                  un altro sermone, né ridurrò con la brevità quelle cose che richiedono diligenza,
                  perché non mi capiti di essere trovato colpevole anche di questo, se per caso
                  sarete  trovati  meno  edificati  in  questa  parte  per  l’intelligenza  e  l’amore  dello
                  Sposo  della  Chiesa,  Gesù  Cristo  nostro  Signore,  che  è  sopra  tutte  le  cose
                  benedetto nei secoli. Amen.



                                                    SERMONE LVI


                  I. Qual è la parete, quale la finestra o le fessure attraverso le quali lo sposo spia. II.  Egli è dietro
                  la parete di ognuno di noi; sulla sua presenza o assenza. III. Taluni costruiscono molte pareti
                  per sé e lo sposo; quali sono le inferriate o le finestre secondo il senso morale.


                  I. 1. Eccolo, egli sta dietro il muro, guarda dalla finestra, spia attraverso i cancelli (Cant
                  2,9).  Secondo  la  lettera  sembra  dire  che  colui  che  si  scorgeva  avvicinarsi
                  saltando  sia  venuto  fino  all’abitazione  della  sposa,  e  stando  dietro  il  muro
                  guardi  curiosamente  attraverso  le  finestre  e  le  fessure,  non  osando,  per
                  verecondia, entrare. Secondo lo spirito, invece, si intende che egli si avvicina,
                  ma  in  altro  modo,  cioè  come  era  conveniente  agisse  il  celeste  Sposo,  e  come
                  conveniva venisse  espresso  dallo  Spirito  Santo.  Il  vero  e  spirituale  senso  non
                  può infatti comportare nulla che sia disdicevole sia all’autore, sia al narratore.
                  Dunque, si accostò alla parete quando aderì alla carne. La carne è la parete, e
                  l’accostarsi ad essa dello Sposo è l’incarnazione del Verbo. I cancelli e le finestre
                  per  le  quali  si  dice  che  egli  guarda,  penso  che  siano  i  sensi  corporei  e  i
                  sentimenti  umani,  attraverso    i  quali  fece  l’esperienza  di  tutte  le  umane
                  necessità. Egli ha preso su di se le nostre debolezze e si e caricato dei nostri dolori (Is
                  33,4). Egli fece uso dei sentimenti umani e dei sensi corporei come di aperture e
                  di  finestre  per  conoscere  per  esperienza  le  miserie  degli  uomini,  fattosi  egli
                  stesso uomo, per essere misericordioso. Egli le conosceva anche prima, ma in
                  modo diverso. Conosceva la virtù dell’obbedienza, Lui, il Signore delle virtù, e
                  tuttavia, secondo l’Apostolo, imparò da quelle cose che patì l’obbedienza (Eb 2,17).
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