Page 56 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
P. 56
impedire l’accesso dello Sposo, vale a dire l’atto stesso del peccato. Che cosa
dire poi se la consuetudine avrà reso usuale il peccato, oppure anche l’abitudine
sarà degenerata in disprezzo? Sta scritto infatti: L’empio quando viene nel profondo
dei peccati, disprezza (Pr 18,31). Se uno esce in questo stato, non troverà forse
migliaia di belve ruggenti pronte a divorarlo? Il suo accesso allo Sposo è, infatti,
impedito non più da uno solo, ma da un numero stragrande di muri! Primo, la
concupiscenza; secondo, il consenso; terzo, l’atto; quarto, la consuetudine
cattiva; quinto, il disprezzo. Cerca, dunque, di resistere con tutte le forze alla
prima concupiscenza, perché non ti trascini al consenso, e in tal modo tutta la
costruzione della malignità svanirà né vi sarà più ostacolo perché lo Sposo si
avvicini a te, salvo l’unica parete del corpo, e cosa possa anche tu gloriarti
dicendo di lui: Eccolo che sta dietro la parete.
7. Ma devi anche con ogni vigilanza, fare in modo che egli trovi sempre aperte
le finestre e i cancelli delle tue confessioni, attraverso le quali benignamente ti
guardi dentro, perché il suo sguardo equivale al tuo profitto. Dicono che i
cancelli siano finestre più piccole quali sogliono farsi fare quelli che scrivono
libri per dare luce alle pagine. E penso che per questo siano detti cancellieri
coloro che sono deputati per ufficio a scrivere carte. Ora, essendo due le specie
di compunzione, una consistente nella tristezza per le nostre colpe, l’altra
nell’esultanza per i doni divini, ogni volta che faccio quella confessione dei miei
peccati che non si fa senza angoscia del cuore, mi vedo aprire un cancello, vale a
dire una piccola finestra. Non v’è dubbio che attraverso questa guardo
volentieri colui che sta di là dal muro, pio esploratore, perché Dio non disprezza
un cuore contrito e umiliato (Sal 50,19). Ed esorta egli stesso a fare questo: Esponi
tu le tue iniquità, perché tu sia giustificato (Is 43, 26). Che se di tanto in tanto con
cuore dilatato nella carità, considerando la divina degnazione e misericordia,
mi piacerà aprire l’animo alla voce di lode e al ringraziamento, penso che allora
io apro allo Sposo che sta oltre la parete, non una piccola, ma una oltremodo
ampia finestra, attraverso la quale, se non erro, guardo tanto più volentieri
quanto più il sacrificio di lode gli rende onore. È facile trovare nelle Scritture le
testimonianze per l’una o l’altra confessione; ma parlo a persone che conoscono
queste cose, e voi non dovete essere sovraccarichi di cose superflue, essendo
già, troppo il peso della ricerca delle cose necessarie: tanto grandi, infatti, sono i
misteri di questo epitalamio e gli inni di lode che in esso vengono cantati alla
Chiesa e al suo Sposo Gesù Cristo Signore nostro, che è sopra tutte le cose Dio
benedetto nei secoli. Amen.
SERMONE LVII
I. I gradi della degnazione di Dio o il suo «intuito», secondo quale criterio ad alcuno incuta
timore e ad altri sicurezza. II. A chi in particolare si addice lo spiare la venuta dello sposo; le