Page 52 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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tuttavia lo Spirito Santo ha parlato non  di cervo ma di cerbiatto, nel che fece
                  menzione  dei  Padri,  dai  quali  discende  Cristo  secondo  la  carne,  e  ricorda
                  l’infanzia  dei  Salvatore.  Come  cerbiatto  infatti  apparve  il  pargolo  che  nacque
                  per noi. Ma tu che desideri l’avvento del Salvatore temi lo scrutinio del Giudice,
                  temi gli occhi del capriolo, temi colui che dice  per mezzo  del Profeta:  In quel
                  tempo  perlustrerò  Gerusalemme  con  lanterne  (Sof  1,12).  È  di  vista  acuta:  nulla
                  sfuggirà al suo occhio. Scruterà i reni e i cuori, e lo stesso pensiero dell’uomo gli
                  sarà manifesto. Che vi sarà di sicuro in Babilonia se a Gerusalemme è riservato
                  lo scrutinio? Penso che in questo passo dal Profeta siano indicati con il nome di
                  Gerusalemme  coloro  che  in  questo  modo  conducono  una  vita  religiosa  e
                  imitano per quanto possono con una condotta onesta e ordinata i costumi della
                  celeste  Gerusalemme,  e  non  come  quelli  di  Babilonia  che  menano  una  vita
                  disordinata, turbata e confusa da vizi e scelleratezze. I peccati di costoro sono
                  manifesti, pronti ad essere giudicati, e non hanno bisogno di essere scrutati, ma
                  aspettano  solo  la  condanna.  I  peccati,  invece,  di  me  che  sembro  monaco  e
                  abitante di Gerusalemme, sono occulti, coperti dall’ombra del nome e dall’abito
                  del monaco; e perciò sarà necessario che siano investigati con sottile discussione
                  e, con l’aiuto di lucerne, siano dalle tenebre portati alla luce.

                  II. 3. Possiamo addurre anche qualche frase del Salmo per confermare quanto si
                  è detto dello scrutinio di Gerusalemme. Dice infatti in persona del Signore: Nel
                  tempo che avrò stabilito io giudicherò le giustizie (Sal 74,3). Dice,  se non erro, che
                  discuterà, ed esaminerà le vie dei giusti e le loro azioni. C’è molto da temere che
                  quando si verrà a questo giudizio, sotto un così sottile esame, molte delle nostre
                  cosiddette  giustizie  appariscano  peccati.  Una  cosa  è  certa:  Se  ci  esaminassimo
                  attentamente  da  noi  stessi,  non  saremmo  giudicati  (1  Cor  11,31).  Buon  giudizio
                  quello che mi sottrae e nasconde a quello stretto giudizio di Dio. Ho davvero il
                  terrore di cadere nelle mani del Dio vivente voglio presentarmi al volto adirato
                  di Dio già giudicato, non per essere giudicato. L’uomo spirituale giudica ogni cosa,
                  senza poter essere giudicato da nessuno (1 Cor 2,15). Giudicherò, pertanto, i miei
                  mali, giudicherò anche il mio bene. Cercherò di correggere il male con azioni
                  migliori, lavandolo con le lacrime, castigandolo con i digiuni e gli altri esercizi
                  della santa disciplina. Nelle cose buone cercherò di avere umili sentimenti di
                  me stesso, e secondo il precetto del Signore mi reputerò un servo inutile che ha
                  semplicemente fatto quello che doveva fare. Starò attento a non offrire  loglio
                  invece del grano, né la paglia per il frumento. Scruterò la mia condotta e i miei
                  sentimenti perché colui che deve scrutare Gerusalemme alla luce delle lampade
                  non  trovi  nulla  in  me  che  non  sia  stato  già  scrutato  e  discusso.  Non
                  giudicherà,infatti, due volte la stessa cosa.

                  4. Chi mi darà di ricercare a fondo e dar la caccia a tutti i miei vizi, in modo tale
                  da non aver per nulla a temere gli occhi del capriolo e non mi capiti di dover
                  arrossire al lume delle lucerne? Anche ora sono veduto e non vedo. È presente
                  l’occhio a cui tutto è manifesto, anche se esso non si vede. Vi sarà un tempo in
                  cui conoscerò come anch’io sono conosciuto; ma ora conosco in modo imperfetto (1 Cor
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