Page 49 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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nessuna di queste cose, che altro posso considerarmi se non uno dei monti di
                  Gelboe che oltrepassa nella sua ira e indignazione quel benignissimo visitatore
                  di tutti gli altri?».

                  9. Figlioli, questo pensiero toglie l’arroganza dello sguardo, concilia la grazia,
                  prepara  ai  salti  dello  sposo.  Vi  ho  portato  il  mio  esempio  perché  anche  voi
                  facciate così. Siate miei imitatori. Non lo dico riguardo all’esercizio delle virtù, o
                  la disciplina dei costumi, o la gloria della santità; non oserei infatti arrogarmi
                  nessuna,  di  queste  cose  che  sia  degna  di  imitazione;  ma  voglio  che  voi  non
                  risparmiate voi stessi, e impariate ad accusare voi stessi ogni volta che sentite,
                  anche per poco, intiepidirsi in voi la grazia e languire la virtù, come io per tali
                  cose accuso me stesso. Questo fa l’uomo che è curioso investigatore di se stesso
                  e scruta le sue vie e i suoi sentimenti, e in ogni cosa sospetta sempre il vizio
                  dell’arroganza, perché non si infiltri nell’animo suo. In verità ho imparato che
                  nulla è più efficace per meritare la grazia, per conservarla, per recuperarla, che
                  essere  trovato  in  ogni  tempo  davanti  a  Dio  con  umili  sentimenti  e  pieno  di
                  timore.  Beato  l’uomo  che  è  sempre  pavido  (Pr  28,14).  Temi  dunque  quando  ti
                  arriverà  la  grazia,  quando  se  ne  sarà  andata,  temi  quando  nuovamente
                  ritornerà;  e  questo  vuol  dire  essere  sempre  pavido.  Si  succedano  a  vicenda
                  nell’animo  questi  tre  timori,  secondo  che  si  sentirà  che  la  grazia  si  degna  di
                  essere presente, o che, offesa, se ne va, o che, placata, torna di nuovo. Quando
                  c’è  temi  di  non  corrispondervi  degnamente;  questo,  infatti,  ammonisce
                  l’Apostolo dicendo: Vedete di non ricevere invano la grazia di Dio (2 Cor 6,1); e al
                  discepolo: Non trascurare la grazia che è in te (1 Tm 4,14); e di se stesso diceva: La
                  grazia di Dio in me non fu vana (1 Cor  15,10).  Sapeva  quest’uomo  che  aveva  il
                  consiglio di Dio, che si risolve in disprezzo del donatore il, non tener conto del
                  dono, né impiegarlo allo scopo per cui è stato dato, e riteneva che questa fosse
                  una intollerabile superbia, e per questo cercava con ogni cura di evitare questo
                  male, e insegnava agli altri a guardarsene. Ma di nuovo qui c’è nascosta una
                  fossa e non voglio che voi lo ignoriate, dalla quale questo medesimo spirito di
                  superbia, tanto più pericolosamente quanto più occultamente tende insidie quasi
                  leone  dalla  sua  spelonca  (Sal  9,30),  come  dice  il  Salmo.  Se  infatti  non  riesce  a
                  impedire  la  buona  azione,  tenta  il  maligno  nell’intenzione,  suggerendo  e
                  cercando di persuadere l’uomo ad attribuire a sé l’effetto della grazia. E questo
                  genere di superbia, sappi che è molto più intollerabile del primo. Che c’è infatti
                  di più odioso che quelle parole che taluni hanno proferito: La nostra mano forte
                  ha operato tutte queste cose, e non il Signore? (Dt 32,27).

                  10. Così, dunque si deve temere quando la grazia è presente. Come comportarsi
                  quando se ne va? Non c’è, forse, allora maggior motivo di temere? Molto di più
                  veramente, perché dove ti viene meno la grazia, vieni meno anche tu. Ascolta
                  che  cosa  dice  il  datore  della  grazia:  Senza di me non potete far nulla (Gv  15,5).
                  Temi  dunque  che,  sottratta  la  grazia,  tu  non  abbia  a  cadere;  temi  e  trema
                  quando  senti  che  Dio  è  adirato  con  te;  temi  perché  ti  ha  abbandonato  il  tuo
                  custode. E non dubitare Che la causa ne sia la superbia, anche se non sembra,
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