Page 40 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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questo potere: essi piuttosto usino di me a loro piacimento; purché si salvino.
Mi faranno cosa gradita se non mi risparmieranno, e in questo troverò il mio
riposo se non avranno timore di disturbarmi per le loro necessità. Farò loro
interesse finché potrò, e in essi servirò il mio Dio finché vivrò, in una carità
sincera. Non cercherò il mio interesse, non ciò che è utile a me, ma quello che lo
e a molti giudicherò utile anche a me. Questo solo chiedo, che il mio ministero
sia ad essi accetto e fruttuoso, perché nel giorno cattivo trovi per questo
misericordia agli occhi del loro Padre, e insieme dello Sposo della Chiesa Gesù,
Cristo nostro: Signore, che con lui è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli.
SERMONE LIII
I. In che senso si dice: «La voce del diletto»; l’udito precede la vista. II. Quali sono i monti o i
colli sui quali lo sposo sale o va saltando. III. Come i monti siano la stessa cosa che le pecore,
cioè i cittadini del cielo. IV. Quali sono i salti dello sposo, con i quali sale o va saltando.
I. 1. Voce del mio diletto (Cant 2,8). Vedendo la sposa la nuova verecondia e il
timore delle giovanette, che cioè stranamente avessero cominciato a non osare
intromettersi nel suo santo riposo, né come facevano di solito prima, osassero
disturbarla mentre era nel riposo della contemplazione, riconosce che questo è
l’effetto della cura sollecita dello Sposo; esultando nello spirito sia per il loro
progresso, poiché le vede corrette dalla loro eccessiva e vana inquietudine, sia
perché si sente più libera in futuro di godere del suo riposo, sia anche per la
degnazione e favore del suo Sposo, così zelante per la sua quiete, e che con
tanto amore ha preso le difese dei suoi soavissimi, anzi, ferventissimi ozi, dice
che tutto questo è effetto della voce del diletto suo, che egli per questo appunto
ha rivolto alle giovanette. Infatti colui che con sollecitudine sta al comando, mai
o raramente attende con sicurezza a se stesso, mentre sempre sta con il timore
di non darsi abbastanza ai sudditi, e di non piacere a Dio per il fatto di preferire
la dolcezza della propria quieta contemplazione all’utilità comune. Talora a chi
si trova in questo soave riposo arriva una non piccola gioia e sicurezza, quando
cioè da un certo timore e riverenza verso di sé, immesso da Dio nel cuore dei
sudditi, viene a capire che a Dio piace il suo riposo, perché fa in modo che i
sudditi preferiscano sopportare le loro necessità con pace piuttosto che
disturbare temerariamente i graditi ozi del padre spirituale. La giusta
trepidazione infatti dei pargoli: indica chiaramente che essi hanno udito di
dentro una voce quasi minacciosa che li sgridava, la voce, senza dubbio, di colui
che dice per mezzo del Profeta: Sono io che parlo con giustizia (Is 63,1). È voce di
lui la sua ispirazione, l’infusione del suo timore.
2. Udita dunque questa voce, la sposa piena di gioia e di esultanza esclama: È la