Page 39 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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IV. Non hanno infatti avuto un comando o una leggera ammonizione, come si
suole fare, ma con una proibizione affatto nuova e inconsueta, per le gazzelle e le
cerve dei campi. Con questo genere di fiere mi sembrano abbastanza bene
espresse le anime sante spoglie dei loro corpi, e insieme gli Angeli che sono con
Dio, a causa dell’acutezza della vista e della celerità della corsa. Queste due
cose competono sia alle anime che agli Angeli, come sappiamo; facilmente
infatti raggiungono la sommità e penetrano nell’intimo. Anche la loro vita
descritta nei campi li indica liberi e sciolti nella contemplazione. Che cosa
significa dunque lo scongiuro per questi? Certamente perché le inquiete
giovanette non ardiscano per cose da nulla distogliere la diletta da così
venerando consesso, al quale senza dubbio viene associata ogni volta che nella
contemplazione va in estasi. E bene vengono spaventate adducendo la loro
autorità, perché sanno che la loro importunità le priva della loro società. Badino
le giovinette a chi recano offesa quando disturbano la madre, e non contino
affatto sulla carità della madre, in modo che temano far irruzione in quel celeste
consesso senza una grande necessità. Sappiano che così fanno quando
disturbano più di quanto sia giusto l’anima che riposa nella contemplazione. Ed
è lasciato alla sua volontà sia il badare a sé, sia attendere alle loro faccende,
secondo che avrà giudicato opportuno, poiché alle giovinette è vietato di
svegliarla finché essa lo voglia. Conosce lo Sposo di quanta carità la sposa sia piena
anche verso il prossimo, e che come madre è molto sollecita per il profitto delle
figlie, e che, non si sottrarrà né si negherà loro per nessuna ragione quanto e
tutte le volte che sarà necessario; e per questo ha affidato sicuro alla sua
discrezione questi interventi. Non è infatti come quei molti che vediamo bollati
dal Profeta, che prendendo per sé quello che è grasso rigettano ciò che è debole
(Ez 34,3). Forse il medico cerca quelli che stanno bene e non piuttosto i malati, e
se capita si comporterà forse più da amico che da medico. A chi insegnerai,
maestro buono, se scaccerai tutti gli ignoranti? Chi formerai, di grazia,
all’amore della disciplina, se allontanerai tutti gli indisciplinati, o fuggirai da
essi? In chi, ti prego, mostrerai la tua pazienza, se accetterai soltanto i mansueti,
escludendo gli irrequieti?
7. Vi sono tuttavia tra quelli che siedono qui, di quelli che farebbero bene a
osservare con più attenzione questo capitolo. Imparerebbero certamente quanta
riverenza si debba ai superiori, inquietando temerariamente i quali si rendono
contrari anche i cittadini del cielo, e comincerebbero forse ad essere un pochino
più indulgenti del solito con noi, né reclamerebbero irriverentemente o con
leggerezza quando ci dedichiamo alla contemplazione. È raro il tempo che mi è
lasciato libero per la preghiera, come sanno bene, dalle cure esterne che
premono, anche nel caso che essi mi sopportino con grande pazienza. Ma io mi
sfogo con questo lamento con molto scrupolo, nel timore che vi sia qualche
pusillanime che, oltre i limiti della propria pazienza, dissimuli le sue necessità,
non osando disturbarmi. Mi fermo qui anche perché io non sembri dare
piuttosto esempio di impazienza ai deboli. Sono i piccoli del Signore, che
credono in lui; non voglio che patiscano scandalo per causa mia. Non userò di