Page 20 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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2. Come giglio tra le spine, così la mia diletta tra le fanciulle. Oh, candido giglio! Oh,
fiore tenero e delicato! Tu ti trovi tra gli increduli e i sovvertitori. Cammina con
cautela tra le spine. Il mondo è pieno di spine; ce n’è in terra, ce n’è nell’aria, ve
ne sono nella tua carne. Vivere tra queste e non restare offesi è effetto della
divina potenza, non della tua forza. Ma abbiate fiducia, dice il Signore, io ho vinto
il mondo! Dunque, anche se ti accorgi che da ogni lato sono rivolti verso di te gli
aculei delle tribolazioni non si turbi né si spaventi il tuo cuore, ben sapendo che
la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata, la virtù provata la
speranza; la speranza poi non delude (Rm 5,3-5). Considera i gigli del campo, come
prosperano e splendono tra le spine. Se l’erba che oggi è verde e domani viene
bruciata è così custodita da Dio, quanto maggiormente avrà cura della sua
diletta e carissima sposa? Il Signore custodisce tutti quelli che lo amano (Sal 144,20).
Come giglio tra le spine, così la mia diletta tra le fanciulle. Non è veramente una
piccola prova di virtù conservarsi buono tra i cattivi, e mantenere il candore
dell’innocenza e la soavità dei costumi tra i maligni, soprattutto se ti mostri
pacifico con quelli che odiano la pace, e amico con i nemici. Questo in verità ti
insinua specialmente l’addotta similitudine del giglio per una certa sua speciale
proprietà, per cui non cessa di dar risalto e bellezza con il suo candore alle
stesse spine che io pungono. Non ti sembra pertanto che il giglio realizzi in
qualche modo la perfezione del Vangelo che ci comanda di pregare per quelli
che ci calunniano e ci perseguitano e di fare del bene a coloro che ci odiano?
Dunque, anche tu fa’ lo stesso (Lc 10,37) e la tua anima sarà la diletta del Signore,
e ti loderà per te dicendo: Come il giglio tra le spine, così la mia diletta tra le
fanciulle.
II. 3. Come il melo tra gli alberi delle foreste, così il mio diletto tra i figli (Cant 2,3). La
sposa ricambia la lode allo Sposo che l’ha lodata, dal quale essere lodato
equivaleva diventäre degno di lode, e lodare il quale corrisponde a conoscere e
ammirare lui che è degno di lode. E come lo Sposo loda la sposa paragonandolo
a uno splendido fiore, così a sua volta essa dimostra la sua singolare gloria e la
sua eminenza paragonandola a un albero eccellente. Mi fa tuttavia meraviglia
che sia stato preso come esempio un albero che non sembra avere nulla di
straordinario, come ce ne sono altri, e pare pertanto non essere degno di essere
adoperato come esempio in quanto non adatto ad esprimere la lode dello
Sposo. Come il melo, tra gli alberi delle foreste, così il mio diletto tra i figli. Del resto
non sembra ne avesse grande stima la stessa sposa, che lo ha scelto solamente
tra gli alberi delle selve che sono sterili, né portano frutto adatto per l’alimento
dell’uomo. Perché dunque, omesse altre piante migliori e più nobili, è stata
presa questa pianta mediocre per tessere l’elogio dello Sposo? Ha dovuto forse
essere lodato con misura colui che non ha ricevuto secondo misura lo Spirito?
L’esempio preso da questa pianta lascia supporre che abbia di più grandi di lui;
egli che non ha eguali. Che cosa dire a questo riguardo? Lo devo ammettere:
piccola lode, perché lode di un piccolo. Non viene infatti qui proclamato:
Grande il Signore e degno di ogni lode (Sal 47,2), ma piccolo il Signore, e amabile
fuori di misura, piccolo veramente colui che è nato per noi.