Page 196 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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infetto dal veleno dell’antico serpente, l’anima cominciò a non avere più il gusto
                  del  bene  e  a  subentrare  il  sapore  cattivo.  Purtroppo  l’istinto del cuore umano è
                  incline al male fin dalla sua adolescenza (Gen 8,21), cioè dall’insipienza della prima
                  donna.  Così  l’insipienza  della  donna  rinunciò  al  gusto  del  bene,  perché  la
                  malizia del serpente ingannò l’insipiente donna. Ma dove sembrò che la malizia
                  avesse vinto per un certo tempo, proprio là si duole di essere stata vinta per
                  l’eternità.  Poiché,  ecco,  di  nuovo  la  Sapienza  riempì  il  cuore  e  il  corpo  della
                  donna, per cui noi che eravamo stati rovinati e resi insipienti dalla donna siamo
                  stati  restaurati  nella  sapienza  da  un’altra  donna.  E  ora  continuamente  la
                  sapienza vince la malizia nelle menti in cui entra soppiantando il gusto del male
                  che  la  malizia  aveva  portato,  con  un  gusto  migliore.  Entrando  la  sapienza,
                  mentre  fa  svanire  il  senso  della  carne,  purifica  l’intelletto,  risana  e  ripara  il
                  palato del cuore. Al palato sano diventa gustoso il bene, gustosa la sapienza che
                  è il migliore dei beni.

                  9.  Quante  cose  buone  si  fanno  senza  che  vengano  gustate  da  coloro  che  le
                  fanno! Sono, infatti, indotti a compierle non per il gusto del bene, ma o dalla
                  ragione e da qualche altra occasione o necessità; e viceversa molti non gustano
                  il  male  che  fanno,  ma  sono  condotti  a  farlo  o  per  timore  o  per  desiderio  di
                  qualche cosa piuttosto che dal gusto del male; coloro invece che agiscono per
                  affetto del cuore, o sono sapienti, e per questo stesso fatto si dilettano nel gusto
                  del bene; o sono maligni e si compiacciono nella malizia stessa, anche senza la
                  lusinga di qualche altro interesse. E la malizia che altro  è se  non il gusto del
                  male? Beata la mente che è tutta presa dal gusto del bene e dall’odio del male.
                  Questo  significa  essere  restaurati  secondo  la  sapienza,  questo  è  sperimentare
                  felicemente  la  vittoria  della  sapienza.  Quando,  infatti,  è  provato  con  più
                  evidenza che la sapienza vince la malizia che quando, cacciato il gusto del male,
                  che non è altro che la stessa malizia, si sente un intimo gusto del bene invadere
                  con grande dolcezza l’intimo della mente? Pertanto spetta alla virtù sopportare
                  con fortezza le tribolazioni, alla sapienza godere nelle tribolazioni. Confortare il
                  tuo cuore e attendere il Signore è compito della virtù; gustare e vedere come è
                  buono  il  Signore  spetta  alla  sapienza.  E  perché  sia  maggiormente  chiaro  dal
                  bene della propria natura il bene di entrambe, la modestia dell’animo dimostra
                  il sapiente, e la costanza l’uomo virtuoso. E bene la sapienza viene dopo la virtù
                  perché questa è come uno stabile fondamento, sul quale la sapienza si edifica la
                  casa. È stato necessario che precedesse la nozione del bene, perché non possono
                  andare  d’accordo  la  luce  della  sapienza  e  le  tenebre  dell’ignoranza.  È  stata
                  necessaria anche la buona volontà perché: la sapienza non entra in un’anima che
                  vuole il male (Sap 1,4).

                  IV.  10.  Ormai  nel  cambiamento  della  volontà  è  apparso  il  ritorno  della  vita
                  dell’anima, nell’erudizione si è dimostrata la sua santità, nella virtù la stabilità,
                  nella  sapienza,  infine,  la  sua  maturità;  resta  da  trovarle  la  bellezza,  senza  la
                  quale  l’anima  non  può  piacere  a  colui  che  è  bello  tra  figli  dell’uomo.  Senti,
                  infine, come al Re piacerà la tua bellezza (Sal 44,12). Quanti beni dell’anima, doni
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