Page 198 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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Ecco noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito (Mt 19,27). Sono parole simili a
                  quelle dette nel carnale connubio che ha prefigurato l’unione spirituale di Cristo
                  con  la  Chiesa:  Per questo l’uomo abbandonerà  il padre  e  la madre e si unirà  a sua
                  moglie e saranno due in una sola carne  (Ef  3,35)  e  presso  il  Profeta:  Il mio bene è
                  aderire a Dio e porre la mia speranza nel Signore Dio (Sal 72,28). Pertanto, l’anima
                  che vedrai abbandonare tutto e aderire con tutto l’ardore al Verbo, vivere per il
                  Verbo, secondo il Verbo comportarsi, concepire dal Verbo per poi partorire al
                  Verbo,  che  possa  dire:  Per  me  vivere  è  Cristo  e  morire  un  guadagno  (Fil  1,21)
                  considerala coniuge e sposata al Verbo. Confida in essa il cuore del suo Sposo,
                  sapendola fedele, sapendo che ha disprezzato tutto ciò che è fuori di lui, tutto
                  ha  considerato  come  immondizia  pur  di  guadagnare  lui.  Riconosceva  essere
                  tale  colui  del  quale  Cristo  diceva:  Questi è per me un vaso di elezione (At  9,15).
                  Davvero  pia  madre,  l’anima  di  Paolo,  e  fedele  al  suo  Sposo,  quando  diceva:
                  Figlioli miei che io nuovamente partorisco finché sia formato Cristo in voi (Gal 4,19).

                  13. Ma bada come nel matrimonio spirituale vi sono due maniere di partorire e
                  di  conseguenza  c’è  diversità  nella  prole,  ma  non  contrarietà,  poiché  le  sante
                  madri partoriscono o anime predicando, o intelligenze spirituali meditando. In
                  questo ultimo genere talvolta si viene anche rapiti e si esce anche dai sensi del
                  corpo, di modo che non sente più se stessa l’anima che sente il Verbo, in qualche

                  modo si ruba a se stessa, anzi viene rapita e sottratta a se stessa, per godere del
                  Verbo.  Diversa  è  la  situazione  della  mente  che  porta  frutto  per  il  Verbo  e  di
                  quella  che  gode  del  Verbo.  Nel  primo  caso  è  sollecitata  dalla  salvezza  del
                  prossimo, nell’altro è attirata dalla soavità del Verbo. E, pertanto, è si lieta la
                  madre per la prole, ma più felice nei suoi amplessi la sposa. Cari i pegni dei
                  figli, ma i baci sono più dolci. È buona cosa salvare molti; andare in estasi ed
                  essere  con  il  Verbo  è  cosa  molto  più  gioiosa.  Ma  quando  questo  e  fino  a
                  quando? Dolce scambio, ma breve momento e rara esperienza! È questo quello
                  che dopo altre cose ricordo di aver detto, che cioè l’anima cerca il Verbo per
                  trovare in Lui la gioia e la dolcezza.

                  14. Qualcuno vorrà ancora chiedermi che cosa sia godere del Verbo. Rispondo:
                  cerchi piuttosto uno che abbia sperimentato questo per domandarlo a lui. O se
                  anche a me fosse dato di fare questa esperienza, pensi che potrei dire ciò che è
                  indicibile? Senti uno che lo aveva sperimentato: Se siamo stati fuori dei sensi era
                  per Dio; se siamo assennati è per voi (2 Cor 5,13). Vale adire: altro è quello che io
                  provo  con  Dio,  lui  solo  essendo  testimonio,  altra  è  la  mia  relazione  con  voi:
                  quello si può sperimentare ma per nulla descrivere, in quest’altro io sono con
                  voi  tanto  condiscendente  che  io  posso  parlarvi  e  voi  siete  in  grado  di
                  comprendere.  O  tu  che  sei  curioso  di  sapere  che  cosa  sia  godere  del  Verbo,
                  prepara a lui non l’orecchio ma la mente! Non insegna questo con la lingua, lo
                  insegna con la grazia. Questo viene nascosto ai sapienti e ai prudenti, e viene
                  rivelato ai piccoli. Grande, fratelli, grande e sublime virtù l’umiltà, che merita
                  quello che non insegna, che è degna di conseguire quello che non può imparare,
                  degna di concepire dal Verbo e del Verbo quello che lei stessa con le sue parole
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