Page 197 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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del  Verbo,  abbiamo  enumerato:  la  buona  volontà,  la  scienza,  la  virtù,  la
                  sapienza! E di nessuno di questi si legge che piaccia al Verbo ma solo si dice: Al
                  Re piacerà la sua bellezza. Il Profeta dice: Il Signore regna, si riveste di bellezza (Sal
                  92,1). Perché non desidererà anche per la sua sposa un simile indumento? Gli
                  sarà, dunque, tanto più cara quanto più gli sarà simile. E in che cosa consiste la
                  bellezza dell’anima? Forse in quello che si dice onesto? Intanto sentiamo se non
                  troviamo  qualcosa  di  meglio.  Circa  l’onestà  si  esamini  la  condotta  esteriore.
                  Non che da essa provenga l’onestà, ma si manifesta attraverso di essa. L’origine
                  e la sede di essa è nella coscienza. Il suo splendore, infatti, è la testimonianza
                  della coscienza. Nulla è più chiaro di questa luce, nulla più glorioso di questa
                  testimonianza, quando la verità  splende  nella mente  e  la mente  si vede  nella
                  verità.  Ma  quale?  Si  vede  pudica,  vereconda,  pavida,  circospetta,  che  non
                  ammette affatto nulla che renda vana la gloria della coscienza che attesta di non
                  essere cosciente di nulla per cui si vergogni della presenza della verità, per cui
                  sia  costretta  a  voltare  la  faccia,  quasi  confusa  e  abbagliata  dalla  luce  di  Dio.
                  Questo  davvero,  questo  è  quella  bellezza  che  sopra  ogni  altra  cosa  buona
                  dell’anima piace agli occhi di Dio e noi chiamiamo onesto.

                  11.  Quando  poi  lo  splendore  di  questa  bellezza  avrà  riempito  con  maggiore
                  abbondanza l’intimo  del cuore,  è  necessario  che si  manifesti al  di fuori come
                  una lampada che era nascosta sotto il moggio, anzi come luce che splende nelle
                  tenebre,  incapace  di  restare  nascosta.  Rifulgendo  perciò,  e  quasi  erompendo
                  Con  certi  suoi  raggi  dal  simulacro  della  mente  viene  ricevuta  dal  corpo  e  si
                  diffonde  nelle  sue  membra  e  nei  suoi  sensi,  in  modo  che  ne  riluce  ogni  atto,
                  discorso, sguardo, movimento, il riso, se pure è riso, misto a gravità e decoro. Se
                  il movimento, il gesto e l’uso di queste  e  altre membra  e  sensi, appare serio,
                  puro,  modesto,  tutto  privo  di  insolenza  e  di  mollezza,  alieno  da  leggerezza
                  come da ignavia, ma informato da equità, sollecito alla pietà, allora la bellezza
                  dell’anima sarà manifesta, a meno che non vi sia inganno nel suo spirito: può
                  darsi,  infatti,  che  vengano  simulate  tutte  queste  cose,  e  non  provengano
                  dall’abbondanza del cuore.  E perché  maggiormente  risplenda questa  bellezza
                  dell’anima, la stessa onestà nella quale abbiamo detto che essa consiste, venga
                  così definita: nobiltà  della mente, sollecita di conservare con buona coscienza
                  l’integrità della fama, o, secondo l’Apostolo, si preoccupa di comportarsi bene
                  non soltanto davanti a Dio, ma anche davanti agli uomini. Beata la mente che si
                  riveste di questo splendore di purità e di quel certo manto candido di innocenza
                  che le conferisce la gloriosa conformità non con il mondo, ma con il Verbo del
                  quale si legge che è candore della vita eterna, splendore e figura della sostanza
                  di Dio.

                  12. Da questo gradino ormai una tale anima ardisce pensare alle nozze. Come
                  non  oserebbe  farlo,  scorgendosi  nubile  in  quanto  simile?  Non  l’atterrisce
                  l’altezza  che  la  somiglianza  associa,  che  l’amore  concilia,  che  la  professione
                  unisce. La formula della professione è questa: Ho giurato e lo confermo di custodire
                  i tuoi precetti di giustizia (Sal  118,106).  Seguendo  questa  gli  Apostoli  dicevano:
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