Page 195 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
P. 195

così: né sorgere per fare il bene, né stare nel bene possiamo senza il Verbo. Tu,
                  dunque, che stai in piedi, da’ gloria al Verbo e di’: Stabilì i miei piedi sulla pietra e
                  diresse  i  miei  passi  (Sal  39,3).  È  la  sua  mano  che  ti  rialza,  della  sua  forza  hai
                  bisogno per tenerti in piedi. Questo riguardo al bisogno che noi abbiamo del
                  Verbo, al quale dobbiamo appoggiarci per praticare la virtù.

                  III.  7.  Ora  dobbiamo  vedere,  come  ho  prima  accennato,  come  per  mezzo  del
                  Verbo  noi  siamo  riformati  rispetto  alla  sapienza.  Il  Verbo  è  forza,  il  Verbo  è
                  sapienza. Riceva, dunque, l’anima forza dalla forza, e sapienza dalla sapienza, e
                  attribuisca al Verbo l’uno e l’altro dono. Diversamente, se pretende di averli da
                  altri,  oppure  se  attribuisce  a  sé  entrambe  o  una  delle  due  cose,  è  come  se
                  negasse che il ruscello nasce dalla sorgente, che il vino viene dalla vite, o che la
                  luce dalla luce. Questa parola è sicura: Se uno ha bisogno di sapienza, la chieda a
                  Dio  che  dà  a  tutti  in  abbondanza  e  senza  rinfacciare,  e  gli  sarà  concessa  (Gc  1,5).
                  Questo dice san Giacomo. Io poi penso la medesima cosa riguardo alla forza. La
                  forza è parente della sapienza. È dono di Dio la forza, da considerare tra quegli
                  ottimi  doni  che  discendono  dall’alto,  dal  Padre  del  Verbo.  E  se  qualcuno
                  sostiene che essa è tutt’uno con la sapienza, non ho nulla da obiettare, ma nel
                  Verbo non nell’anima. Quelle cose, infatti, che nel Verbo a causa della singolare
                  semplicità  della  sua  natura  divina  sono  una  cosa  sola,  non  hanno  un  unico
                  effetto  nell’anima,  ma  si  adattano  alle  sue  varie  e  diverse  necessità,  venendo
                  diversamente  partecipate  da  essa.  Così,  pertanto,  altro  è  per  l’anima  essere
                  mossa dalla forza, altro essere governata dalla sapienza, altro è dominare con la
                  virtù, altro deliziarsi nella soavità. Sebbene infatti anche la sapienza sia forte e
                  la virtù soave, per dare tuttavia a ciascun vocabolo il suo proprio significato, il
                  vigore denota la virtù, la’ tranquillità dell’animo con una certa soavità spirituale
                  indica la sapienza. Penso che questa l’abbia designata l’Apostolo, dove, dopo
                  molte  esortazioni  che  riguardano  la  virtù,  aggiunge  quello  che  riguarda  la
                  sapienza  nella  soavità,  nello  Spirito  Santo.  Pertanto,  stare  in  piedi,  resistere,.
                  respingere  la  forza  con  la  forza,  che  fanno  parte  della  virtù,  costituiscono  un
                  onore, ma sono cose faticose. Non è lo stesso, infatti, difendere laboriosamente
                  il  tuo  onore  e  possederlo  in  pace.  Non  è  lo  stesso  essere  mosso  dalla  virtù  e
                  godere della virtù. Tutto quello che la virtù faticosamente guadagna la sapienza
                  lo gode; e quello che la sapienza ordina, delibera, propone, la virtù lo esegue.

                  8. La sapienza dello scriba si deve alle sue ore di quiete, dice il Saggio (Eccli 38,25).
                  Dunque, gli ozi della sapienza sono occupazioni, e più è in riposo la sapienza
                  più è in esercizio nel suo genere. Di riscontro, la virtù esercitata è più splendida,
                  e tanto più provata quanto più premurosa. E se uno definisse la sapienza amore
                  della virtù non mi sembrerebbe scostarsi dalla verità. Ma dove vi è l’amore non
                  vi è fatica ma gusto. E forse la sapienza si chiama così dal sapore che unendosi
                  alla virtù come se fosse un condimento, rende saporita quella che di per sé era
                  in un certo modo insipida e aspra. Né avrei da ridire se qualcuno definisse la
                  sapienza sapore del bene. Abbiamo perduto questo gusto dal primo inizio del
                  genere umano. Da quando il palato del cuore prevalendo il senso della carne fu
   190   191   192   193   194   195   196   197   198   199   200