Page 185 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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SERMONE LXXXIII
I. Come qualunque anima che voglia trasformarsi e uniformarsi a Lui, possa, in base a queste
parole, ritornare ad aver fiducia nel Verbo. II. Come il sentimento dell’amore sia più potente
degli altri. III. Lo Sposo ama prima e di più, per la sposa basta tuttavia se ama con tutta se
stessa.
I 1. Per tre giorni, quanto l’ora regolare ha permesso, abbiamo impiegato il
tempo assegnato per parlare a voi per dimostrare l’affinità tra il Verbo e
l’anima. Quale utilità in tutto questo lavoro? Questa: abbiamo insegnato che
ogni anima, anche se carica di peccati, irretita nei vizi, presa dalle lusinghe,
prigioniera in esilio, nel carcere del corpo, aderente al fango, immersa nel
pantano, legata alle membra, attanagliata dalle preoccupazioni, dissipata dagli
affari, contratta dai timori, afflitta dai dolori, sbandata tra gli errori, ansiosa
nelle sollecitudini, inquieta per i sospetti, in una parola pellegrina in terra di
nemici, secondo la parola del Profeta, infetta in mezzo ai morti, destinata alla
compagnia con quelli.che sono nell’inferno; per quanto così dannata e
disperata, abbiamo detto che essa può notare in sé un motivo non solo di
respirare nella speranza del perdono, nella speranza della misericordia, ma
anche una ragione per osare aspirare alle nozze con il Verbo, per non trepidare
di concludere con Dio un patto di alleanza, e non temere di sottoporsi al soave
giogo di amore con il Re degli Angeli. Che cosa non oserà, infatti, senza timore
presso colui della cui immagine si vede decorata, e della cui somiglianza
illustrata? Che cosa avrà da. temere dalla maestà essa a cui è data fiducia a
motivo della sua origine? Basta che abbia cura di conservare con l’onestà della
vita la libertà della natura; anzi, cerchi di abbellire e ornare con i degni colori
dei costumi e degli affetti il celeste decoro che possiede dall’origine.
2. Perché mai dovrebbe sonnecchiare l’industria? Essa è un grande dono fatto a
noi dalla natura, che se non mette in opera le sue parti, il rimanente che la
natura ha in noi sarà deturpato, e tutto verrà ricoperto da una specie di ruggine
come roba vecchia. Questo reca ingiuria all’autore. Ed è per questo che l’autore,
Dio stesso, ha voluto che nell’anima si conservasse in perpetuo il segno della
divina generosità, perché questa abbia sempre in sé dal Verbo materia di
ammonimento, per stare sempre con lui, o per tornarvi qualora se ne fosse
allontanata. Non allontanata quasi passando a un altro luogo o camminando
con i piedi, ma come si addice a una sostanza spirituale, la quale con gli affetti,
anzi con i difetti peggiora da sé e si rende dissimile a se stessa con la cattiveria
della condotta, rendendosi degenere, la quale dissomiglianza non è distruzione
della natura ma vizio, che fa risaltare al paragone il bene stesso della natura, e
nello stesso tempo lo contamina unendosi ad esso. Ora, poi, il ritorno
dell’anima, la sua conversione al Verbo la porta a riformare se stessa per mezzo