Page 180 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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serve alla legge di Dio, e con la carne alla legge del peccato, quale di queste due
                  cose pensi sia principalmente da imputare a Paolo, lo giudicherai tu. Quanto a
                  me confesso di essere facilmente persuaso valere molto di più quello che è della
                  mente che non quello della carne, e questo lo penso non solo io ma lo stesso
                  Paolo, il quale dice: Se poi faccio il male che non voglio non sono più io che lo faccio,
                  ma il peccato che abita in me (Rm 7,20).

                  11. Ma riguardo alla libertà basti quanto abbiamo detto. Nell’opuscolo che ho
                  scritto sulla grazia e il libero arbitrio si leggono forse spiegazioni diverse circa
                  l’immagine e la somiglianza, ma penso non siano contrarie a quelle qui esposte.
                  Quelle  le  avete  lette,  queste  udite,  lascio  al  vostro  giudizio  quali  siano  da
                  preferire; o se  conoscete al riguardo qualche cosa di meglio delle une e  delle
                  altre ne godo e ne gioirò. Ma comunque stiano le cose per il momento tenete
                  presenti queste tre cose come importanti: la semplicità, l’immortalità, la libertà.
                  Da questo penso vi risulti già chiaro come l’anima, per la sua innata e schietta
                  somiglianza che così risplende in queste cose, abbia una non piccola affinità con
                  il Verbo Sposo della Chiesa Gesù Cristo Signore nostro che è sopra tutte le cose
                  Dio benedetto nei secoli. Amen.



                                                  SERMONE LXXXII


                  I. Quale dubbio ancora rimane nelle cose già dette, che bisogna rivelare e delle parole dette a un
                  tale: «Fino a che ti terrai questo, ecc.». II. La somiglianza di Dio nell’uomo, che secondo alcuni
                  passi della Scrittura appare distrutta per il peccato, deve intendersi oscurata e confusa, tanto
                  nella  semplicità  quanto  nell’immortalità  e  libertà,  e  in  che  senso.  III.  Le  cose  avventizie
                  dell’anima  deturpano  i  beni  naturali;  quanto  alla  nascita  e  alla  morte  l’uomo  è  simile  al
                  giumento; per la restante parte della somiglianza può tuttavia avvicinarsi al Verbo.


                  I. 1. Che cosa vi sembra? Possiamo ormai tornare indietro per esporre l’ordine
                  da  dove  siamo  partiti,  poiché  è  chiara  l’affinità  del  Verbo  e  dell’anima,  per
                  dimostrare la quale abbiamo fatto questa digressione? Mi pare che potremmo,
                  se non  sentissi che resta  qualche dubbio  sulle cose  che  sono  state  dette.  Non
                  voglio defraudarvi di nulla. Non tralascio volentieri quello che credo a voi utile.
                  Come oserei farlo, specialmente in quelle cose che io ricevo per voi? So di un
                  uomo  che,  talvolta,  parlando,  si  tratteneva  qualche  cosa  di  quello  che  gli
                  suggeriva  lo  Spirito,  riservandolo  per  avere  qualche  cosa  da  dire  quando
                  doveva nuovamente parlare, pur non facendolo con animo infedele, ma certo
                  poco fiducioso. Ed ecco gli parve di udire una voce: «Fino a che ti terrai questo,
                  non  riceverai  altro». Che  cosa  sarebbe  successo  se  si  fosse  trattenuto  qualche
                  cosa  non  per  provvedere  alla  sua  povertà,  ma  perché  geloso  del  profitto  dei
                  fratelli?  Non  gli  sarebbe  forse  stato  giustamente  tolto  anche  quello  che
                  sembrava avere? Tenga lontano sempre il Signore questo dal vostro servo, come
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