Page 178 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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in certo modo volontaria. È una certa violenza favorevole che adesca premendo
e preme lusingando; per cui la volontà colpevole, una volta consentito al
peccato, non può di per sé scuoterla da sé né scusarla con ragione. Da qui quelle
parole di lamento e come uno che geme sotto il peso di queste necessità: Signore,
dice, io soffro violenza, proteggimi (Is 38,14). Ma di nuovo, sapendo che non si
lamentava giustamente con il Signore, essendo piuttosto in causa la sua propria
volontà, guarda che cosa dice in seguito: Che cosa dirò e chi mi risponderà perché
sono io che ho fatto questo (Is 38,15) (Volg.: poiché è lui che ha fatto questo).
Sentiva il peso di un giogo che altro non era se non quello di una volontaria
servitù, ed era si miserabile a causa di questa servitù, ma inescusabile perché si
trattava di servitù volontaria. È, infatti, la volontà Che essendo libera si è fatta
schiava del peccato acconsentendo al peccato; è la volontà che servendo
volontariamente si tiene sotto il peccato.
8. «Bada a quello che dici», mi dirà qualcuno. «Tu dici volontario quello che
consta già essere necessario?». «È vero che la volontà si è resa schiava, ma non è
essa che si trattiene: è piuttosto trattenuta suo malgrado. Bene concedi almeno
questo, che è trattenuta. Ma fa’ attenzione ché è la volontà quella che tu
ammetti essere trattenuta. Tu dici che la volontà non vuole? Non può essere
trattenuta la volontà se non vuole. La volontà, infatti, è di chi vuole, non di chi
non vuole. Che se è trattenuta volendolo è essa che si trattiene. Che cosa potrà,
dunque, dire e che cosa risponderà a Dio, dal momento che è essa che agisce?
Che cosa ha fatto? Si è fatta schiava; perciò è detto: Chi fa il peccato è schiavo del
peccato (Gv 8,34). Perciò, quando ha peccato, e ha peccato quando ha deciso di
obbedire al peccato si è resa schiava. Ma è libera di non farlo più ancora. Ma lo
fa ancora se resta nella stessa schiavitù. Se non vuole, infatti, la volontà non è
costretta; è, infatti, volontà. Dunque, non solo si è resa schiava perché ha voluto,
ma ancora si fa tale. Giustamente perciò, e bisogna spesso ricordarlo, chi
risponderà per lei, dal momento che essa lo ha fatto e lo fa tuttora?».
9. «Ma non mi persuaderai, tu dici, che non esista questa necessità che io
subisco, che sperimento in me stesso, e contro la quale continuamente io lotto».
«Dove, di grazia, senti questa necessità? Non forse nella volontà? Dunque, non
vuoi con poca fermezza ciò che vuoi anche necessariamente. Vuoi molto perché
non puoi non volere, né lotti molto contro. Ora, dove è la volontà, ivi è la
libertà. Questo dico della libertà naturale, non di quella spirituale, quella libertà
per cui Cristo ci ha liberati (Gal 4,31). Di questa libertà l’Apostolo dice: Dove è lo
Spirito ivi è la libertà (2 Cor 3,17). Così l’anima in malo e strano modo sotto
questa in qualche modo volontaria e malamente libera necessità, è tenuta
schiava e nello stesso tempo è libera: schiava per la necessità, libera per la
volontà, e ciò che è più strano e misero è che essa è tanto più colpevole quanto
più libera, tanto più schiava quanto più colpevole, e per questo tanto più
schiava quanto più libera. Uomo infelice che io sono! Chi mi libererà dalla
calunnia di questa vergognosa schiavitù? Infelice, ma libero, libero perché
uomo, infelice perché schiavo, libero perché simile a Dio, infelice perché