Page 174 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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nella quale non vi può essere nulla che non sia essa stessa, come essa stessa è
                  Dio. In altri passi quel libro del vescovo predetto sembra discostarsi ancora più
                  chiaramente  dalla  retta  fede.  Infatti,  alle  parole  dell’autore:  «Quando  si  dice
                  Dio, Dio, Dio, questo appartiene alla sostanza», il nostro commentatore spiega:
                  «Non  quella  che  è  ma  quella  per  cui  è».  Questo  non  può  accettare  la  Chiesa
                  cattolica, che cioè vi sia una sostanza o qualsiasi altra cosa per cui Dio è che non
                  sia Dio.

                  9. Ma ormai non parliamo più contro il vescovo Gilberto in quanto egli nello
                  stesso  Concilio,  accettando  umilmente  il  parere  dei  vescovi,  condannò  con  la
                  propria  bocca  sia  queste  sia  le  altre  affermazioni  degne  di  riprensione;  ma
                  diciamo  queste  cose  per  coloro  che  ancora  si  dice  leggano  o  trascrivano  quel
                  libro,  promulgato  contro  la  proibizione  della  Santa  Sede,  persistendo  nel
                  seguire  con  ostinazione  il  vescovo  nell’opinione  ormai  da  lui  rigettata,  e
                  preferendo  averlo  maestro  nell’errore  più  che  nella  correzione.  Non  solo  ma
                  anche per voi, prendendo occasione dalla differenza tra l’immagine e l’anima
                  che  è  stata  fatta  a  immagine,  ho  creduto  che  valesse  la  pena  fare  questa
                  digressione, perché se alcuni avessero bevuto dalle acque furtive che sembrano
                  più dolci, presa la medicina siano provocati al vomito, purgato lo stomaco della
                  mente possano disporsi ad attingere, con gioia ormai, cose più pure in quello
                  che, secondo la nostra promessa, ci resta da dire sulla somiglianza, e questo non
                  dalle  nostre  ma  dalle  sorgenti  del  Salvatore,  Sposo  della  Chiesa,  Gesù  Cristo
                  Signore nostro, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli. Amen.



                                                   SERMONE LXXXI


                  I. Soprattutto in questo c’è la somiglianza dell’anima col Verbo: per lui essere è vivere come per
                  il  Verbo  essere  è  vivere  nella  beatitudine.  II.  I  diversi  generi  di  viventi,  fra  i  quali  solo  per
                  l’anima essere è vivere, e che cosa essa riceve nella sua condizione. III. L’anima è immortale ma
                  non come il Verbo; la sua triplice vicinanza al Verbo, cioè la semplicità, la perpetuità e la libertà
                  e in che consista la sua libertà. IV. La libertà dell’anima è ridotta in schiavitù per il peccato. V.
                  Legge di Dio e legge del peccato, che sono nella stessa anima e nella volontà.


                  I. 1. È stato chiesto quale affinità ci sia tra l’anima e il Verbo. Era una domanda
                  necessaria. Quale relazione c’è, infatti, tra una così grande maestà e una povertà
                  così  estrema,  così  che  vengono  presentate  vicendevolmente  avvinte  a  guisa  e
                  con amore di sposi quella sublimità e questa umiltà quasi si trattasse di eguali?
                  Se,  infatti,  è  vero  quello  che  diciamo  c’è  in  questo  motivo  di  molta  letizia  e
                  fiducia:  se  non  fosse  vero  la  nostra  sarebbe  un’audacia  degna  di  grande
                  punizione. Perciò c’era bisogno di investigare su questa affinità: già se n’è detto
                  molto, ma non tutto. Chi vi è mai che sia così sciocco da non vedere come stiano
                  vicine  l’immagine  e  ciò  che  è  secondo  l’immagine?  Il  discorso  di  ieri,  se
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