Page 172 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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Saggio: Dio ha fatto l’uomo retto ma egli si implica in molti dolori (Eccli 7,30). E
subito la voce del ludibrio: Curvati che noi ti passiamo sopra (Is 51,23).
III. 5. Ma di dove siamo venuti qua? Di là dove volevamo dimostrare che la
rettitudine e la grandezza con questi due beni avevamo definito l’immagine
nell’anima non sono una cosa sola, né formano una cosa sola nell’anima, mentre
abbiamo insegnato the nel Verbo e con il Verbo esse sono un’unica cosa. Così da
quanto abbiamo detto risulta che la rettitudine è diversa cosa dall’anima e
differisce pure dalla grandezza dell’anima, in quanto anche se non c’è l’anima
resta con la sua grandezza. Ma come mostreremo la diversità tra l’anima e la
grandezza? Non si può dimostrare allo stesso modo della rettitudine, perché
l’anima non può essere priva come della rettitudine così della grandezza.
L’anima, tuttavia, non è la sua grandezza. Poiché, se l’anima non si trova senza
la sua grandezza, questa tuttavia si trova separata dall’anima. Chiedi dove si
trova? Negli Angeli. Sia, infatti, la grandezza dell’Angelo, sia quella dell’anima
si prova dal fatto che sia capace dell’eternità. Che se si prova la differenza
dell’anima dalla sua rettitudine dal fatto che possa esistere senza di essa, perché
non sarà diversa l’anima dalla sua grandezza se non può ritenere questa come
esclusivamente sua? Poiché, dunque, la rettitudine non è in ogni anima, né la
grandezza in essa sola, è chiaro che tutte e due differiscono da essa. Così pure:
nessuna forma è ciò di cui è forma. Ora, la grandezza è la forma dell’anima. Né
è a questo un ostacolo il fatto che è inseparabile da essa. Sono, difatti, così tutte
le differenze sostanziali, così non solo le propriamente proprie, ma anche certe
proprie, così altre innumerevoli forme. L’anima non è, dunque, la sua
grandezza, non più che il colore nero sia il corvo, che il candore sia la neve, che
la risibilità o la razionalità sia l’uomo, pur non esistendo corvo che non sia nero,
né neve senza candore, né uomo che non sia risibile e razionale. Così l’anima e
la grandezza dell’anima anche se inseparabili, sono diverse tra loro. Come non
diverse mentre la grandezza è nel soggetto, e l’anima è il soggetto e la sostanza?
Solo la somma e increata natura che è Dio-Trinità si attribuisce questa pura e
singolare semplicità della sua essenza per cui in essa non si trova una cosa e
un’altra cosa, non un posto e un altro posto, non un tempo e un altro tempo;
rimanendo, infatti, in se stessa essa è ciò che ha, e ciò che è lo è sempre e nella
stessa maniera. In essa molte cose si riducono a una sola, e cose diverse nella
medesima cosa, sicché non acquista pluralità dal numero delle cose, né sente
alterazione dalla loro varietà. Contiene tutti i luoghi e dispone ogni cosa al
posto suo, senza essere mai contenuta da luogo alcuno. I tempi passano sotto di
essa, non per essa. Non aspetta futuro, non ripensa al passato, non sperimenta
le cose presenti.
IV. 6. Lungi da voi, o carissimi, lungi i nuovi non dialettici ma eretici, i quali
empiamente sostengono che la grandezza per cui Dio è grande, e così la bontà
per cui è buono, e la sapienza per cui è sapiente, la giustizia per cui è giusto, in
ultimo la divinità per cui è Dio non sono Dio. «Per la divinità, dicono, Dio è
Dio, ma la divinità non è Dio». Forse non si degna di essere Dio, essa che è tanto