Page 179 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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contrario a Dio. O custode degli uomini, perché hai posto me contro di te? (Gb 7,20).
                  Mi hai posto, infatti, quando non l’hai impedito. Però sono io che mi sono posto
                  contro di te, e  sono divenuto grave a me stesso (Gb 7,20). Molto giustamente del
                  resto,  sicché  il  tuo  sia  anche  il  mio  nemico,  e  colui  che  ripugna  a  te  sia
                  ripugnante  anche  a  me.  Io  sono  tale  per  te  e  per  me;  io  che  sono  divenuto
                  contrario a me stesso, e nelle mie membra trovo ciò che contraddice alla mia
                  mente e alla tua legge.

                  V. Chi mi libererà dalle mie mani? Non faccio infatti quello che voglio (Rm 7,24),
                  senza che io, non un altro, lo impedisca; e quello che non voglio, quello faccio (Rm
                  7,15-16), spinto da me stesso, non da un altro. E magari questo impedimento e
                  questa  spinta  fosse  così  violenta  da  non  essere  volontaria.  Forse  così  potrei
                  trovare una scusa. Oppure fosse così volontaria da non essere violenta. In tal
                  maniera potrei correggermi. Ora, invece, da nessuna parte c’è un’uscita per il
                  misero  che,  come  ho  detto,  la  volontà  fa  inescusabile  e  la  necessità
                  incorreggibile. Chi mi libererà dalla mano del peccatore, dalla mano dell’iniquo
                  che agisce contro la legge?

                  10. Qualcuno domanderà di chi mi lamento. Di me. Io sono quel peccatore, quel
                  fuorilegge, quell’iniquo: peccatore perché ho peccato, fuorilegge perché con la
                  volontà persisto nell’agire contro la legge. Poiché la mia stessa volontà è legge
                  nelle mie membra  che recalcitra contro la legge  divina. E poiché  la legge del
                  Signore è legge della mia mente, come sta scritto: La legge di Dio è nel suo cuore
                  (Sal 36, 31), per questo anche a me stesso la mia volontà è trovata contraria, il
                  che è grandissima iniquità. Per chi, infatti, non sono iniquo, se lo sono per me?
                  Chi è iniquo per sé per chi sarà buono? (Eccli 14,5). Lo confesso, non sono buono
                  perché in me non c’è il bene. Mi consolerò, tuttavia, perché anche i santi dicono
                  così:  So  che  in  me  non  c’è  il  bene  (Rm  7,18).  Distingue,  tuttavia,  quell’«in  sé»
                  intendendo nella sua carne, per la legge contraria che esiste in essa. Poiché ha
                  una legge anche nella mente, e questa è migliore dell’altra. Non è, forse, buona
                  la legge di Dio? Che se è cattivo per la legge cattiva, come non sarà buono per la
                  legge buona? O è sua la legge cattiva che è nella sua carne, e perciò cattivo per
                  la legge cattiva, e non buono per la buona? Non è così: la legge di Dio è nella
                  sua mente, e talmente nella mente che è anche della mente. Ne è testimone lo
                  stesso che dice: Trovo un’altra legge nelle mie membra, contraria alla legge della mia
                  mente (Rm 7,23). Forse è suo quello che è della sua carne, e non suo quello che è
                  della sua mente? Io dico: a più forte ragione. Come non potrò dire quello che lo
                  stesso maestro dice? Poiché  servendo  con la mente  alla legge di Dio  e  con la
                  carne  alla  legge  del  peccato,  mostra  quale  ritiene  maggiormente  suo  quando
                  reputa così alieno da sé il male che è nella carne da dire: Pertanto non sono io a
                  farlo,  ma  il  peccato  che  abita  in  me  (Rm  7,20).  E  forse  appositamente  chiama
                  «un’altra legge» quella che sente nelle sue membra, quasi la ritenesse una legge
                  avventizia  ed  estranea.  Di  qui  io  oso  ancora  dire  qualche  cosa  di  più,  senza
                  essere  temerario:  Paolo  non  è  cattivo  per  il  male  che  ha  nella  carne,  ma  è
                  piuttosto buono per il bene che ha nella mente. Dato, infatti, che con la mente
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