Page 184 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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esclamerà:  Signore, chi mai è simile a te? (Sal  34,10).  Il  che  va  detto  per  quella
                  volontaria  e  recente  dissomiglianza.  Resta,  infatti,  la  primitiva  somiglianza;  e
                  perciò il fatto che questa resta fa sì che l’altra dispiaccia maggiormente. Oh, che
                  gran bene è questa e che gran male è quella! Mettendole a confronto ciascuna
                  delle due risalta di più nel suo genere.

                  7. Quando, dunque,  l’anima scorge in sé  sola tanta  distanza di cose  non può
                  fare a meno di gridare tra la speranza e la disperazione: Signore, chi è simile a te?
                  È  trascinata  alla  disperazione  per  un  così  gran  male,ma  è  richiamata  alla
                  speranza da tanto bene. Ne viene che più prova dispiacere per il male che vede
                  in sé, tanto più ardentemente è-attratta verso il bene che parimenti scorge in sé
                  e brama di diventare quello per cui è stata fatta, semplice e retta, timorata di
                  Dio e aliena dal male. Certamente essa può distaccarsi da ciò a cui ha potuto
                  aderire. Certamente può ritornare là da dove si era allontanata. Questo, però,
                  dico che può farlo con l’aiuto della grazia, non con la sola natura e neppure con
                  la sua industria. Infatti la sapienza vince la malizia (Sap 7,30), non l’industria o la
                  natura. Né manca l’occasione di sperarlo: essa si rivolge al Verbo. La generosa
                  affinità dell’anima con il Verbo non rimane senza effetto. Di essa abbiamo già
                  trattato, e ne rende testimonianza la perseverante somiglianza. Egli si degna di
                  ammettere  alla  comunione  dello  Spirito  quella  che  gli  è  simile  per  natura.  E
                  certamente, per ragione di natura il simile cerca il simile. Voce di uno che cerca:
                  Ritorna, Shulammita, ritorna, perché ti vediamo (Cant 7,1). Sarà veduta simile colei
                  che  non  vedeva  più  colui  che  non  le  era  simile;  ma  si  farà  vedere  anche  lui.
                  Sappiamo che quando apparirà saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è (1 Gv
                  3,2).  Pensa,  dunque,  che  quella  domanda:  Signore chi è simile a te?  più  che  da
                  impossibilità, è motivata dalla difficoltà.

                  8.  O  se  meglio  ti  piace,  è  una  espressione  di  ammirazione.  Ammirabile
                  veramente e stupenda è quella somiglianza che accompagna la visione di Dio,
                  anzi che è la visione di Dio, io lo dico nella carità. La carità è quella visione, è
                  quella  somiglianza.  Chi  non  sarà  stupito  vedendo  Dio  disprezzato  che
                  richiama? Giustamente è tacciato come iniquo colui di cui sopra si è parlato, il
                  quale pretende di essere simile a Dio, mentre, amando; l’iniquità non può amare
                  né se stesso, né Dio. Così, infatti, sta scritto: Chi ama l’iniquità odia la sua anima
                  (Sal  10,6).  Tolta,  pertanto,  di  mezzo  l’iniquità,  che  costituisce  la  parziale
                  dissomiglianza,  vi  sarà  l’unione  dello  spirito,  vi  sarà  la  mutua  visione  e  la
                  mutua dilezione. Venendo cioè quello che è perfetto, scomparirà quello che è
                  imperfetto;  e  vi  sarà  una  vicendevole  casta  e  consumata  dilezione,  piena
                  cognizione, visione manifesta, ferma unione, società inseparabile, somiglianza
                  perfetta.
                  Allora l’anima conoscerà come è conosciuta; allora amerà com’è amata, e godrà
                  lo Sposo per la sposa, conoscitore e conosciuto, amante e amato, Gesù Cristo
                  Signore nostro, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli. Amen.
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