Page 147 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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cosa ti giova sapere quello che devi fare, se non ti  è dato anche il voler fare?
                  Quanti ho visto più tristi per aver conosciuto la verità, e tanto più in quanto non
                  potevano  più  addurre  la  scusa  dell’ignoranza?  sapevano  bensì,  ma  non
                  facevano quanto la Verità li esortava a fare.

                  9.  Stando  così  le  cose  nessuna  delle  due  è  sufficiente  senza  l’altra;  anzi,  non
                  conviene neppure. Da che cosa lo sappiamo? Colui che conosce il bene e non lo fa,
                  commette peccato (Gc 4,17), e ancora: Il servo che conosce la volontà del suo padrone e
                  non avrà disposto e  agito secondo la sua volontà  riceverà molte percosse  (Lc  12,47).
                  Questo per parte della verità. E riguardo alla grazia? Sta scritto: E dopo il boccone
                  Satana entrò in lui (Gv  13,27).  Parla  di  Giuda,  il  quale,  ricevuto  il  dono  della
                  grazia,  poiché  non  camminava  nella  verità  con  il  Maestro  della  verità,  o
                  piuttosto con maestra Verità, fece posto in se stesso al diavolo. Senti ancora: Li
                  cibò con fiore di frumento, e saziò con miele di roccia (Sal  80,17).  Chi?  I nemici del
                  Signore gli hanno mentito (Sal 80,16). Quelli che egli ha cibato di miele e di fior di
                  frumento, gli hanno mentito, diventati nemici, perché non hanno unito la verità
                  alla grazia. Di essi viene detto altrove: I figli adulteri hanno negato fede a me, i figli
                  adulteri  sono  nella  vecchiaia  e  zoppicando  vanno  fuori  dalla  loro  strada  (Sal  17,46).
                  Come non avrebbero dovuto zoppicare dal momento che si contentavano di un
                  solo piede, non aggiungendo quello della verità? Verrà, pertanto, il loro tempo,
                  che sarà tempo eterno, come fu del loro principe, il quale non stette neanche lui
                  nella verità, ma fu bugiardo  dall’inizio  e  perciò gli fu detto:  La tua saggezza è
                  corrotta a causa del tuo splendore (Ez 28,17). Non voglio la bellezza che mi faccia
                  perdere la sapienza.

                  10. Chiedi quale sia quella bellezza così dannosa e perniciosa? La tua. Forse non
                  capisci ancora? Te lo spiego meglio: la tua privata, propria. Non diamo la colpa
                  al dono, ma al suo uso. Se hai fatto attenzione il demonio ha perso la saggezza a
                  causa  della  «sua»  bellezza,  è  stato  detto.  E  se  non  sbaglio  questa  sapienza  è
                  l’unica bellezza dell’anima e dell’Angelo. Che cosa è, infatti, l’anima e l’Angelo
                  senza sapienza se non rude e deforme materia? Per essa, infatti, questi non solo
                  fu formato, ma reso formoso. Ma la perdette quando la fece sua, e così nella sua
                  bellezza non restò altro che di aver perso la sapienza nella  sua sapienza.  È  in
                  causa la proprietà. Per il fatto che fu sapiente per sé, che non diede gloria a Dio,
                  che non restituì grazia per grazia, che non camminò in essa secondo verità, ma
                  la ritorse alla sua volontà, ecco perché  egli la perse.  Averla, infatti, in questa
                  maniera equivale a perderla. E se Abramo, è scritto, fu giustificato per le opere ha
                  gloria, ma non presso Dio (Rm 4,2). E io dico: «Dunque non al sicuro». «Se non
                  l’ho  presso  Dio,  ho  perso  tutto  il  mio  avere».  Infatti,  che  cosa  è  così  perduto
                  quanto quello che è fuori di Dio? Che cosa è la morte se non la privazione della
                  vita? Così nulla è perduto se non quello che è lontano da Dio. Guai a voi che siete
                  sapienti  ai  vostri  occhi  e  prudenti  davanti  a  voi  stessi!  (Is  5,  21).  Di  voi  è  detto:
                  Perderà  la  sapienza  dei  sapienti  e  riproverò  la  prudenza  dei  prudenti  (1  Cor  1,19).
                  Persero  la  sapienza  perché  la  loro  sapienza  li  perse.  Che  cosa  non  persero
                  avendo  perso  se  stessi?  Non  sono  forse  perduti  quelli  che  Dio  dice  di  non
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