Page 141 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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sostanza corporea.
6. Si vede da questo che la sposa possiede il divino consiglio, e non ignora
affatto il mistero della superna volontà, mentre sotto la figura di imbelli e deboli
animali predice con l’affetto della preghiera e con spirito profetico che nel
giudizio il Salvatore si presenterà nella natura più debole, o meglio, nella natura
inferiore poiché non sarà più inferma in quanto colui che muoverà il cielo e la
terra con la sua forza, cinto di potenza contro gli insensati, apparirà tuttavia
soave e mite e quasi del tutto inerme per gli eletti. A questo si può aggiungere
che, per discernere gli uni dagli altri avrà bisogno, in certo qual modo, con i
salti del cerbiatto, dell’occhio della capriola, per poter vedere e distinguere in
tanta moltitudine e in così grande turbamento in quali salire e in quali occorra
scavalcare, perché non avvenga che il giusto sia conculcato invece dell’empio
quando abbatterà i popoli nella sua ira. Poiché, quanto agli empi, è necessario
che si adempia la profezia di Davide, anzi la parola del Signore che parlava per
bocca di lui: Li ho dispersi come polvere al vento, calpestati come fango delle strade
(Sal 17,43); e così si vedrà adempiuta un’altra profezia fatta da un altro Profeta,
quando facendo ritorno agli Angeli, il Redentore dirà: Li ho pigiati nel mio
sdegno, li ho calpestati nella mia ira (Is 63,3).
II. 7. Se a qualcuno piace di più l’interpretazione secondo cui il nostro cerbiatto
debba piuttosto scavalcare i cattivi e salire nei buoni, non contraddico: soltanto
pensi che i salti sono disposti per la discriminazione dei buoni e dei cattivi. Così
infatti abbiamo detto anche noi in un altro sermone, dove si trovano le stesse
parole dell’autore da me commentate. Solamente là si trattava della
dispensazione della grazia che nella vita presente ad alcuni viene data, ad altri
no, per un giudizio di Dio giusto, ma occulto, e così si diceva che il cerbiatto
saliva o scavalcava i vari generi di persone; qui invece questo viene fatto
secondo l’ultima e varia retribuzione dei meriti. E forse a questo senso si
accordano le ultime parole di questo capitolo che quasi dimenticavo. Dicendo
infatti: Sii simile, o mio diletto, alla capriola o al cerbiatto, aggiunge: Sopra i monti di
Bethel (Cant 2, 17). Bethel significa «Casa di Dio». Ora nella casa di Dio non vi
sono monti cattivi. Per la qual cosa salendo in essi il cerbiatto non conculca, ma
rallegra, perché si adempia la Scrittura che dice: I monti e le colline canteranno lodi
davanti a Dio (Is 55,12). E vi sono monti che, secondo il Vangelo, vengono
trasportati da una fede simile alla senapa, ma non sono i monti di Bethel; quelli,
infatti, che sono monti di Bethel la fede non li toglie di mezzo, ma li coltiva.
8. Che se i Principati e le Potestà e le altre schiere dei beati Spiriti e le Virtù dei
cieli sono monti di Bethel in modo che ad essi applichiamo il detto: Le sue
fondamenta sono sui monti santi (Sal 86,1), non è certamente vile e spregevole
questo cerbiatto che fu visto apparire sopra monti così eccellenti, diventato tanto
superiore agli Angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato (Eb 1, 4).
Che importa se nel Salmo lo leggiamo fatto di poco inferiore agli Angeli? Non
cessa di essere migliore perché un poco inferiore; né hanno detto cose contrarie