Page 138 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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voluto significare con l’aggiunta della preposizione «ad» perché quelli che esso
                  interiormente illumina, questo li adorna al di fuori, rivestendoli della stola  di
                  gloria.

                  11. E questo basti per dare ragione della parola «aspira». E se volete sapere, il
                  giorno  che  aspira  è  lo  stesso  Salvatore  che  aspettiamo  il  quale  trasfigurerà  il
                  nostro  misero  corpo  per  conformarlo  al  suo  corpo  glorioso  (Fil  3,20-21).  Il  giorno
                  ispirante è ancora lui stesso, secondo l’operazione per cui prima ci fa respirare
                  nella luce che ispira, perché siamo anche noi giorno che respira in lui, secondo
                  che  il  nostro  uomo  interiore  viene  rinnovato  nello  spirito  della  sua  mente,  a
                  immagine di colui che l’ha creato, fatto pertanto giorno da giorno e luce da luce.
                  Dato, pertanto, che due giorni precedono in noi, uno inspirante per la vita del
                  corpo, l’altro respirante nella grazia della santificazione, resti il giorno aspirante
                  nella  gloria  della  risurrezione,  faccia  vedere  che  un  giorno  si  adempirà  nel
                  corpo quello che è preceduto nel capo, grande sacramento di pietà testimoniato
                  dal Profeta che disse: Ci darà vita dopo due giorni, nel terzo ci risusciterà, e vivremo
                  al suo cospetto; affrettiamoci a conoscere il Signore (Os 6,3). Egli è colui nel quale gli
                  Angeli  bramano  fissare  lo  sguardo,  lo  Sposo  della  Chiesa  Gesù  Cristo  nostro
                  Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli. Amen.



                                                   SERMONE LXXIII


                  I.  In  che  senso  si  dice:  «Ritorna...»  e  che  cosa  in  questo  si  addice  alla  Chiesa,  che  cosa  alla
                  Sinagoga. II. Questa espressione  si addice alla Chiesa primitiva; che cosa sia da vedere  nella
                  capriola  e  nel  cerbiatto.  III.  Quali  sono  i  monti  di  Bethel,  sui  quali  allo  Sposo  secondo  la
                  similitudine della capriola e del cerbiatto si chiede di apparire.


                  I. 1. Ritorna, sii simile, mio diletto, alla capriola e al cerbiatto (Cant 2,17). Che? Ora se
                  ne  va,  e  ora  lo  richiami?  Che  cosa  è  successo  improvvisamente  in  così  breve
                  spazio di tempo? Si è forse dimenticata di qualche cosa? Sì, ha dimenticato tutto
                  quello che non è lui, anche se stessa. Sebbene, infatti, non sia priva di ragione, in
                  questo  momento,  però,  non  sembra  completamente  in  sé.  E  neppure  sembra
                  avere affatto nel sentimento quella verecondia che dimostra nella condotta.  È
                  un effetto dell’amore eccessivo, che diventa intemperante. È questo, infatti, che
                  trionfando e vincendo in sé ogni senso di pudore, ogni misura di convenienza, e
                  facendo  passare  sopra  ogni  considerazione  di  ragione,  produce  una  certa
                  negligenza  e  noncuranza  di  quanto  può  prescrivere  la  modestia  e  la
                  convenienza. Vedi, infatti, ora come, appena ha cominciato ad andarsene, già
                  gli fa pressione perché ritorni. Lo prega anzi di far presto e di correre come i
                  veloci  animali  della  foresta,  quali  il  capriolo  e  il  cerbiatto.  Questo  è  il  tenore
                  della lettera, e questa la porzione dei Giudei.
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