Page 131 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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sia che riceve i peccatori a penitenza nel suo corpo, che è la Chiesa, per
incorporarsi i quali fece se stesso peccato, lui che non commise peccato, perché
fosse distrutto il corpo del peccato al quale si erano conformati quelli che
peccarono, e divenissero giustizia, gratuitamente giustificati in lui (Rm 3, 24; 2
Cor 5, 21).
12. Ne aggiungo un terzo che mi viene in mente, e basterà sia per la spiegazione
del passo, sia per chiudere il sermone. La parola di Dio è verità, e lo stesso
sposo. Sapete questo. Ascoltate il resto. Questa parola, quando viene ascoltata e
non le si obbedisce, resta in qualche modo per il momento vuota e digiuna, del
tutto triste, e si lamenta di essere stata pronunziata invano. Se invece le si
obbedisce non ti sembra che la parola cresca e in qualche modo metta corpo,
perché alla parola si è aggiunta l’azione, nutrita da certi frutti di obbedienza, da
messi di giustizia? Per questo si dice nell’Apocalisse: Ecco, io sto alla porta e
busso, se qualcuno ascolterà la mia voce e aprirà la porta, entrerò da lui, e cenerò con lui
e lui con me (Ap 3,20). Questo senso sembra venire approvato, e anche la
sentenza del Signore presso il Profeta, dove dice che la sua parola non tornerà a
lui vuota, ma prospererà e farà quello per cui l’ha mandata. Non tornerà, dice, a
me vuota (Is 55,11), ma quasi prosperando in tutto si saturerà degli atti buoni di
coloro che, animati dall’amore gli obbediscono. Infine, secondo il modo di
parlare si dice che la parola si è adempiuta quando ha ottenuto l’effetto, come
se fosse in qualche modo famelica e si sentisse vuota, fino a che sia riempita
dall’esecuzione dell’opera.
13. Ma ascolta Cristo stesso che dice di quale cibo si nutra: Il mio cibo, dice, è di
fare la volontà del Padre mio (Gv 4,34). È parola del Verbo che indica chiaramente
essere suo cibo un’azione buona, se la troverà tra i gigli, cioè tra le virtù.
Diversamente, se la trova fuori, anche se il cibo in sé sembra buono, non lo
toccherà colui che si pasce tra i gigli. Per esempio, non accetta l’elemosina dalla
mano di un ladro o di uno strozzino, e neppure da quella di un ipocrita che
facendo l’elemosina suona la tromba davanti a sé per essere glorificato dagli
uômini. E neppure esaudirà in qualche modo l’orazione di colui che ama
pregare negli angoli delle piazze per essere veduto dagli uomini. L’orazione del
peccatore, infatti, sarà esecrabile. Invano pure offre la sua offerta all’altare colui
che sa che il suo fratello ha qualche cosa contro di lui. Infine, Dio non guardò
all’offerta di Caino perché non si comportava rettamente nei riguardi di suo
fratello. Secondo la testimonianza del Profeta Dio aveva anche in abominio i
sabati, le neomenie e i sacrifici dei Giudei, talmente da protestare che la sua
anima odiava queste cose, e diceva: Quando venivate al mio cospetto, chi ha
richiesto queste cose dalle vostre mani? (Is 1, 12). Credo che quelle mani non
odoravano di gigli, e perciò respingeva l’offerta presentata da esse colui che è
solito pascersi tra i gigli, e non tra le spine; non avevano forse mani spinose
quelli ai quali diceva: Le vostre mani sono piene di sangue? (Gen 27,23). Anche le
mani di Esaù erano pelose, con peli simili a spine; perciò non furono ammesse
per il servizio del Santo.