Page 127 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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II. 3. Ma è anche candore dell’anima l’indulgenza di Dio, come egli stesso dice:
                  Se  i  vostri  peccati  fossero  come  scarlatto  diventeranno  bianchi  come  neve;  se  fossero
                  rossi come porpora diverranno bianchi come lana (Is 1,18). Ed è il candore di cui si
                  riveste colui che ha compassione di buon cuore. Se guardi, infatti, colui che il
                  Profeta dipinge come un uomo allegro che ha compassione e dà in prestito, non
                  ti sembra che costui dalla giocondità dell’animo abbia diffuso un certo candore
                  di pietà, ugualmente sul suo volto e sulla sua opera? Come all’opposto, se uno
                  dà con tristezza e come per necessità, non mostra un colore candido certamente,
                  ma tetro, e sulla mano e sulla fronte. E perciò Dio ama chi dona con gioia (2 Cor
                  9,7). Ama anche il donatore triste? Ora, colui che ha guardato ad Abele per il
                  candore  della  sua  devozione,  ha  distolto  lo  sguardo  da  Caino  perché  la  sua
                  faccia era rabbuiata per la tristezza e il livore. Considera quale sia il colore della
                  tristezza e il livore. Considera quale sia il colore della tristezza e dell’invidia che
                  distoglie lo sguardo di Dio. Bene ed elegantemente nel dar colore al beneficio è
                  stato lodato il candore della giocondità in quel verso del Poeta: «Soprattutto si
                  presentarono volti sereni»  (Ovidio,  Metamorfosi, 8, 677-678). Né solamente  chi
                  dà  con  gioia  è  amato  da  Dio,  ma  anche  chi  lo  fa  con  semplicità.  Anche  la
                  semplicità è candore. Lo proviamo dal contrario: il neo significa doppiezza, ho
                  detto poco il neo è una macchia. Che cosa è la doppiezza, se non inganno? Ma
                  chi  agisce  con  inganno  al  cospetto  di  Dio  ,  la  sua  iniquità  diventa  odiosa.  E
                  perciò beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male, e nel cui spirito non è inganno
                  (Sal  31,2).  Bene  il  Signore  ha  notato  entrambe  le  macchie  in  poche  parole,
                  l’inganno e la tristezza: Non siate, dice, tristi come gli ipocriti (Mt 6,16). Lo Sposo,
                  pertanto,  essendo  virtù,  si  compiace  nelle  virtù,  ed  essendo  giglio,  dimora
                  volentieri tra i gigli, ed essendo candore, si diletta tra i candidi.

                  4. E forse  pascersi tra i gigli  vuol proprio dire  compiacersi del candore  e  del
                  profumo delle virtù. Un tempo si pasceva corporalmente presso Maria e Marta,
                  e si metteva a tavola tra gigli anche col corpo esse, dico, poiché erano gigli ma
                  rifocillava tuttavia lo spirito con la devozione e le virtù delle due donne. Che se
                  in quel momento fosse entrato un Profeta o un Angelo, o qualsiasi altra persona
                  spirituale, non ignorando quale fosse la maestà che era là seduta, non avrebbe
                  dichiarato  con  stupore,  per  tanta  degnazione  e  familiarità  che  vedeva
                  dimostrare  con  anime  pure  e  corpi  illibati,  ma  tuttavia  terreni  e  di  sesso  più
                  debole, di averlo veduto non solo stare, ma pascersi tra i gigli? Così, dunque,
                  secondo l’uno e l’altra, lo spirito cioè e la carne, lo Sposo fu trovato a pascersi
                  tra  i  gigli.  Penso  che  egli  pascesse  anche  da  parte  sua,  ma  in  spirito.  Per  ciò
                  stesso  che  si  pasceva,  come  pasceva!  Come,  dico,  confortava  la  timidezza  di
                  quelle donne, ne rallegrava l’umiltà, ne accresceva la devozione! Ma se hai visto
                  come il pascersi per lui sia anche pascere, vedi anche ora come viceversa per lui
                  pascere equivalga a pascersi. Signore che mi pasci dalla mia gioventù (Gen 48,15),
                  dice il santo Patriarca Giacobbe. Buon padre di famiglia quello che prende cura
                  dei  suoi  domestici,  specialmente  nei  tempi  difficili,  per  nutrirli  in  tempo  di
                  fame, cibandoli col pane di vita e di intelligenza, e nutrendoli per la vita eterna.
                  Ma pascendoli, così io penso, si pasce egli stesso, e con i cibi che gli sono graditi,
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