Page 128 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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i nostri profitti. Poiché gaudio del Signore è la nostra fortezza (Ne 8,10).
5. Così dunque, quando si pasce pasce, e si pasce quando pasce, nutrendoci del
suo gaudio spirituale, e godendo egli stesso ugualmente del nostro spirituale
profitto. È suo cibo la mia penitenza, suo cibo la mia salvezza, suo cibo io
stesso. Non mangia forse la cenere come pane? E io perché sono peccatore, sono
cenere da essere mangiata da lui. Sono masticato quando sono rimproverato,
sono deglutito quando vengo formato, sono cotto quando sono mutato, sono
digerito quando sono trasformato, udito quando sono conformato. Non
meravigliatevi di questo: egli ci mangia ed è mangiato da noi affinché ci uniamo
più strettamente a lui. Diversamente non saremmo perfettamente uniti con lui.
Poiché se io mangio e non sono mangiato egli sembrerà essere in me, ma non
ancora io in lui. Che se sono mangiato e non mangio, sembrerà che egli mi abbia
in sé, ma non sia in me; né vi sarà perfetta unione in una sola di queste cose. Ma
egli mangi me, perché abbia me in sé, e da me a sua volta sia mangiato perché
sia in me, e vi sarà così stretta connessione e integra complessione quando io
sarò in lui e lui in me.
6. Vuoi che ti mostri con qualche cosa di simile quanto ho detto? Alza ora i tuoi
occhi in una cosa molto più sublime, ma simile a questa. Se lo stesso Sposo fosse
nel Padre senza che il Padre fosse in lui, o se il Padre fosse bensì in lui, ma non
lui nel Padre, oserei dire che anche la loro unità non sarebbe perfetta, se pure
fosse ancora unità. Ma egli é nel Padre, e il Padre è in lui, e quindi la loro unità
non zoppica, ma veramente e perfettamente formano una cosa sola lui e il
Padre. Così, dunque, l’anima che considera suo bene l’aderire a Dio non pensi
di essere perfettamente unita a lui prima di sentire che egli abita in sé e lei in
lui. Non che neppure allora formi con Dio una cosa sola, come sono una cosa
sola il Padre e il Figlio, quantunque chi aderisce a Dio forma con lui un solo spirito
(1 Cor 6,17). Ho letto questo, ma non ho letto che formi una cosa sola con Dio.
Non dico di me, che sono nulla, ma assolutamente nessuno, sia della terra, sia
del cielo, potrà usurpare per sé quella parola dell’Unigenito: Io e il Padre siamo
una cosa sola (Gv 10,30). Io tuttavia, benché polvere e cenere, sull’autorità della
Scrittura non temo affatto di dire che sono un solo spirito con Dio, se mi
permetteranno di affermarlo certe esperienze, che io aderisco a Dio come uno di
coloro che rimangono nella carità, e per questo dimorano in Dio e Dio in loro,
mangiando in qualche maniera Dio, e mangiati da Dio. Poiché penso che di tale
adesione sia stato detto: Chi aderisce a Dio forma un solo spirito con lui. Che
dunque? Dice il Figlio: Io nel Padre e il Padre è in me, e siamo una cosa sola (Gv
10,38); dice l’uomo: io in Dio, e Dio è in me, e siamo un solo spirito.
7. Ma forse il Padre e il Figlio per esser l’uno nell’altro, e perciò formare una
cosa sola, si mangiano a vicenda come Dio e l’uomo quasi per una vicendevole
manducazione passano l’uno nell’altro, anche se con questo non diventano una
cosa sola, ma un solo spirito? Per nulla affatto. Poiché è diverso il modo di
essere l’uno nell’altro nei due casi, e non è la medesima unità che ne risulta. Il