Page 126 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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un medesimo spirito. IV. L’unità sostanziale del Padre e del Figlio e di quella per consenso della
volontà fra l’uomo e Dio, e come l’uomo ab aeterno sia in Dio ma non è vero il contrario. V. Il
terzo senso del pascolo dello Sposo, che è Verbo di Dio; ciò che non è opera buona e non è fra le
virtù, cioè fra i gigli, non è oggetto del suo pascolo.
I. 1. Questo sermone comincia dove il precedente è terminato. È, dunque, lo
Sposo un giglio, ma non un giglio tra le spine (Cant 2,2), perché non ha spine
colui che non ha fatto peccato. Ha detto che la sposa è come un giglio tra le
spine, perché se essa almeno dicesse che non ha spine ingannerebbe se stessa e
non vi sarebbe verità in lei. Se stesso, invece, ha chiamato fiore e giglio, non
tuttavia tra le spine, ma piuttosto fiore del campo e giglio delle valli (Cant 2,1). E
non c’è menzione di spine perché egli è il solo degli uomini che non abbia
necessità di dire: Mi rivolto solo nel mio dolore mentre mi trafigge la spina (Sal 31,4).
Dunque, non è mai senza gigli colui che è sempre senza vizi, perché tutto e
sempre è candido e bello tra i figli degli uomini. Tu, dunque, che senti o leggi
queste cose, abbi cura di avere dei gigli presso di te, se vuoi che questo abitatore
tra i gigli abiti in te. Il tuo lavoro, la tua applicazione, il tuo desiderio siano
gigli, e lo dimostrino il morale candore e il profumo di queste cose. Hanno i
costumi i loro colori e i loro odori. Non è, infatti, nelle cose spirituali la stessa
cosa il colore e l’odore, non più che in quelle corporali. Dunque, al colore
provvede la coscienza, all’odore la fama: Hai fatto puzzare l’odore di noi davanti al
faraone e ai suoi servi (Es 5,21), dicevano gli Israeliti a Mosè, alludendo
all’opinione. Il colore, poi, lo dà alla tua azione l’intenzione del cuore e il
giudizio della coscienza. Sono neri i vizi, candida la virtù. Tra questa e quelli la
coscienza consultata sceglie. Resta la sentenza del Signore circa l’occhio cattivo
e l’occhio limpido, perché tra il candido e il nero fissò certi limiti, dividendo la
luce dalle tenebre. Quello, dunque, che procede da un cuore puro e da una
buona coscienza è candido, ed è virtù. Se poi è seguita una buona fama è anche
giglio, in quanto non gli manca né il candore, né l’odore.
2. La virtù diventa se non più grande più bella tuttavia e più appariscente. Se
nella coscienza c’è un neo anche ciò che procede da essa avrà un neo. Poiché, se
la radice è viziata, lo sarà anche il ramo, e per questo qualunque cosa la radice
viziata produce tramite un vizio, come ad esempio un discorso, un’azione, una
preghiera, anche se ottenga il plauso della fama non può essere detto giglio,
perché anche se sembra esserci l’odore, manca però il colore. Come, infatti, vi
può essere un giglio con una macchia di impurità? Né potrà la fama rendere
virtuoso quello che la coscienza riconosce come vizio. Si contenterà, infatti, la
virtù del candore della coscienza dove non potrà seguirne l’odore della fama;
ma l’odore della fama non potrà scusare il vizio della coscienza senza colore.
L’uomo cercherà, tuttavia, di compiere le buone opere della virtù non solo
davanti a Dio, ma anche davanti agli uomini, perché tale virtù sia veramente un
giglio.