Page 13 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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di  usurpazione  ma  di  affetto,  in  quanto  per  la  fiducia  che  le  ispira  il  grande
                  amore, non sente estraneo tutto quello che appartiene a colui che tanto ama. Né
                  pensa che le sarà impedito di partecipare alla familiarità e al riposo dello Sposo,
                  avendo sempre avuto cura di cercare non il proprio interesse, ma quello di lui; e
                  questa è la ragione per cui ha osato dichiarare comuni a sé e allo Sposo, insieme,
                  sia il letto, sia le case. Ha detto infatti: «il nostro letto», e le «travi delle nostre
                  case», e i «nostri soffitti», associando arditamente se stessa nel possesso di tali
                  cose a colui al quale non dubita di essere unita nell’amore. Non cosî quella che
                  non  ha  ancora  rinunciato  alla  propria  volontà;  costei  riposa  da  sola,  da  sola
                  abita:  o  piuttosto  non  da  sola  ma  con  le  meretrici  abita,  vivendo  in  modo
                  dissoluto, voglio dire con le concupiscenze carnali, con le quali dà fondo ai suoi
                  beni e alla parte della sostanza paterna che ha chiesto le venisse divisa.

                  II. 5. Del resto tu che senti o leggi queste parole dello Spirito Santo, pensi di
                  poter applicare a te stesso alcune delle cose che vengono dette, e di riconoscere
                  in  te  qualcosa  della  felicità  della  sposa  che  dallo  stesso  Spirito  è  cantata  in
                  questo carme d’amore, perché non si dica anche di te Senti la sua voce, ma non sai
                  donde  venga  o  dove  vada  (Gv  3,8)?  E  forse  aspiri  anche  tu  alla  quiete  della
                  contemplazione, e fai bene; solo  non dimenticare  i fiori dei  quali leggi essere
                  cosparso il letto della sposa. Abbi dunque  cura anche tu di ornare  il tuo con
                  fiori  di  buone  opere,  facendo  precedere  il  santo  ozio  della  contemplazione
                  dall’esercizio delle virtù, come fiore che precede il frutto. Diversamente vorresti
                  goderti  un  riposo  troppo  delicato,  senza  desiderarlo  dopo  la  fatica,  e,
                  trascurando  la  fecondità  di  Lia,  brameresti  goderti  gli  amplessi  della  sola
                  Rachele. Ma questo è un ordine a rovescio, l’esigere cioè il premio prima del
                  merito, e prendere il cibo prima di aver lavorato, mentre dice l’Apostolo: Chi
                  non lavora non mangi (2 Ts 3,10). Dai tuoi decreti ricevo intelligenza (Sal 118,104),
                  dice, perché tu sappia che non sarà dato affatto di gustare la contemplazione se
                  non all’obbedienza dei comandamenti. Non pensa re dunque di poter in alcun
                  modo  per  amore  della  tua  quiete,  portare  pregiudizio  agli  atti  della  santa
                  obbedienza o alle tradizioni degli anziani. Diversamente non dormirà con te lo
                  Sposo  in un solo  letto, specialmente  in quello  che ti sarai cosparso, invece di
                  fiori, di cicute e di ortiche. Per questo motivo non esaudirà le tue orazioni, e
                  chiamato non verrà; né si darà con abbondanza al disobbediente, lui che tanto
                  amò l’obbedienza da preferire di morire piuttosto che disobbedire. E neppure
                  approva  il  vano  ozio  della  tua  contemplazione  colui  che  dice  per  mezzo  del
                  Profeta: Ho faticato sopportando (Is 1,14), indicando quel tempo in cui esule dal
                  cielo e dalla patria di somma quiete, operò la salvezza su questa  terra. Temo
                  piuttosto che si debba applicare anche a te quella spaventosa affermazione che
                  Dio  pronunzia  contro  la  perfidia  dei  Giudei:  Non  posso  sopportare  i  vostri
                  noviluni, sabati e assemblee sacre, io detesto i vostri noviluni e le vostre feste, sono per
                  me un peso (Is  1,13-14).  E  piangerà  su  di  te  il  Profeta  dicendo:  La videro i suoi
                  nemici, e derisero i suoi sabati (Lam 1,7). Perché infatti il nemico non deriderebbe
                  colui che è ripudiato dal diletto?
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