Page 10 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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veramente suonano amore, non timore.
V. 7. Ma forse nascono obiezioni nel tuo cuore, e ti chiedi dubbioso: «Come mai
vengono riferite le parole del Verbo dette all’anima, e di riscontro quelle
dell’anima al Verbo, di modo che essa ha udito la, voce di chi le parlava e le
diceva che era bella, ed essa a sua volta subito loda con le stesse parole colui che
l’aveva lodata? Come possono avvenire queste cose? Poiché noi parliamo con la
parola, non parla la parola. Così’ l’anima non ha modo di parlare se la bocca
del: corpo non le forma la parole per il discorso». Fai bene a cercare una
spiegazione. Ma bada che è lo Spirito che parla, e ciò che si dice va inteso in
senso spirituale. 0gni volta perciò che senti o leggi che il Verbo e l’anima
parlano tra di loro o a vicenda si guardano, non immaginare che passino tra
l’uno e l’altra voci materiali, né che appariscano immagini corporee dei due
interlocutori. Ascolta piuttosto ciò che tu debba pensare al riguardo. Spirito è il
Verbo e spirito è l’anima, e hanno le loro lingue con cui parlano l’uno con l’altra
e manifestano la loro presenza. Lingua del Verbo è il fervore della sua
degnazione,. lingua dell’anima è invece il fervore della devozione. L’anima che
non ha questa è senza lingua, come un bambino che non ha l’uso della parola, e
non può intavolare alcun discorso con il Verbo. Dunque, quando il Verbo
muove questa sua lingua, volendo parlare all’anima questa non può non
sentire. Viva infatti è la Parola di Dio, ed efficace, e più penetrante di ogni spada
affilata, arrivando fino alla divisione dell’anima e dello spirito (Eb 4,1.2). E dall’altra
parte, quando l’anima muove la sua lingua, molto meno il Verbo la può
ignorare, non solo perché è presente dappertutto, ma specialmente perché
senza uno stimolo che viene da lui, la lingua della devozione non può muoversi
per parlare.
8. Per il Verbo dunque dire all’anima: Sei bella, e chiamarla amica equivale a
infondere in lei la spinta ad amare e il desiderio di essere amata; viceversa,
chiamare «diletto» il Verbo e proclamarlo «bello» significa testimoniare senza
finzione e frode che ama e che è amato, ammirare la sua degnazione ed essere
piena di stupore di fronte alla sua grazia. La sua bellezza è invero il suo amore,
e tanto più gran de in quanto previene sempre. Perciò la sposa dall’intimo del
cuore e con la voce del sentimento interno tanto maggiormente e ardentemente
grida a se stesso di doverlo amare quanto più lo ha sentito prima amante che
amato. Pertanto le parole del Verbo sono l’infusione del dono, la risposta
dell’anima è l’ammirazione unita al ringraziamento. E perciò ama tanto
maggiormente in quanto si sente nell’amare vinta; e tanto più presa da
meraviglia in quanto si riconosce prevenuta. Per questo non contenta di dire
una volta «bello», ripete «leggiadro», designando con questa ripetizione una
bellezza singolare.
VI. 9. Oppure volle esprimere nelle due nature di Cristo una bellezza degna di
ogni ammirazione, in una la bellezza della natura, nell’altra quella della grazia.
Come sei bello, Signore Gesù, al cospetto dei tuoi Angeli, nella forma di Dio,