Page 6 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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grazia più abbondante l’unzione dell’umana man suetudine che le mosche delle
                  passioni carnali avevano in lui completamente distrutto, dall’uomo che porta in
                  sé, anzi che è egli stesso, prende materia e forma per compatire gli altri uomini,
                  di modo che giudica ormai come cosa degna di morte non solo il fare agli altri
                  quello che non sopporterebbe fatto a sé, ma anche il non fare a tutti tutte quelle
                  cose che vorrebbe venissero fatte a se stesso?

                  8.  Ecco  di  dove  proviene  l’olio.  E  il vino  di  dove?  Dal  grappolo  di  Cipro.  Se
                  infatti  ami  il  Signore  Gesù  con  tutto  il  cuore,  con  tutta  l’anima,  con  tutte  le
                  forze, forse che, se lo vedrai ingiuriato e disprezzato, potrai sopportare questo
                  con animo tranquillo? Certamente no; ma subito, preso dallo spirito di giudizio
                  e di ardore, e come un forte ebbro di vino, pieno dello zelo di Finees, dirai con
                  Davide: Mi divora lo zelo..., perché i miei nemici hanno dimenticato le tue parole (Sal
                  118,139); e con il Signore: Lo zelo della tua casa mi ha divorato (Sal 68,10). È dunque
                  vino questo ferventissimo zelo, spremuto dal grappolo di Cipro, e l’amore di
                  Cristo è un ,calice inebriante. E anche il nostro Dio è un fuoco che consuma (Dt
                  4,24) e il Profeta diceva che un fuoco era stato mandato dal cielo nelle sue ossa,
                  perché  ardeva  del  divino  amore.  Avendo  frattanto  dall’amore  fraterno  l’olio
                  della  mansuetudine,  e  dall’amore  divino  il vino  dello  zelo,  disponiti  sicuro  a
                  curare le ferite di, colui che è incappato nei ladroni, imitando egregiamente il
                  piissimo Samaritano. Di’ anche con sicurezza insieme con la sposa: Grappolo di
                  Cipro  è  per  me  il  mio  diletto  nelle  vigne  di  Engaddi,  vale  a  dire:  lo  zelo  per  la
                  giustizia, l’amore del diletto mio io li tengo tra gli affetti della pietà. E di questo
                  basta. La mia infermità mi costringe a una pausa, come capita spesso, e così il
                  più delle volte mi costringe a lasciare incompiute le discussioni, e a rimandare il
                  resto  della  materia  a  un  altro  giorno.  Ma  che?  Io  sono  preparato  ad  essere
                  flagellato (Sal 37,18), sapendo che riceverei castighi inferiori a quanto merito.
                  Che io sia flagellato davvero, che io sia flagellato per le mie cattive opere, e se
                  mai le piaghe siano reputate a merito, forse avrà pietà del flagellato colui che
                  non ha trovato in me un bene da poter rimunerare, lo Sposo della Chiesa Gesù
                  Cristo nostro Signore, che è Dio benedetto nei secoli. Amen.



                                                    SERMONE XLV


                  I. La duplice bellezza dell’anima, cioè l’innocenza e l’umiltà. II. Il rimprovero rivolto alla sposa
                  sull’umiltà è segno di compiacimento; i suoi occhi di colomba. III. Il suo intuito spirituale. IV. La
                  lode dello sposo per cui la sposa sente la sua bellezza. V. Parola del Verbo all’anima o risposta
                  dell’anima al Verbo. VI. La duplice bellezza dello sposo.


                  I. 1. Come sei bella, arnica mia, come sei bella, i tuoi occhi sono come di colomba (Cant
                  1,14).  Bene,  ottimamente;  dall’amore  ha  origine  la  presunzione  della  sposa,
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