Page 7 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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dall’amore l’indignazione dello Sposo. Lo dimostra come va a finire la cosa.
Difatti, alla presunzione segue la correzione, a questa tiene dietro
l’emendazione, e questa è seguita dalla rimunerazione. È presente il Diletto,
sparisce il Maestro e il Re, la dignità si spoglia, si mette da parte la riverenza.
Cede il fasto dove prende piede l’affetto. E a quel modo che una volta Mosè
parlava come amico a un amico e il Signore rispondeva, così’ ora tra il Verbo e
l’anima, come tra due vicini, si instaura un discorso molto familiare. E non-fa
meraviglia. Da un’unica ,fonte d’amore confluisce per entrambi il vicendevole
amore e il vicendevole ardore. Perciò da una parte e dall’altra volano parole più
dolci del miele, vi sono sguardi vicendevoli pieni di soavità, santi indizi di
amore. Infine lo Sposo chiama amica la sposa, la dice bella, la chiama ancora
bella, ricevendo in cambio da lei le medesime espressioni affettuose. Non è
superflua questa ripetizione, è conferma di vero amore, e forse indica qualche
cosa di recondito da scoprire.
2. Cerchiamo la duplice bellezza dell’anima: questo mi sembra suggerire il
testo. Ornamento dell’anima è l’umiltà. Non dico questo da me stesso, avendolo
già detto prima il Profeta: Aspergimi con issopo e sarò mondato (Sal 50,9) volendo
significare con quell’umile erba che ha virtù purgative l’umiltà. Con questa il Re
Profeta, dopo la grande caduta, confida di venire lavato, in modo da recuperare
quasi un niveo candore d’innocenza. Tuttavia, in colui che ha gravemente
peccato, l’umiltà, anche se è_da amare, non è tuttavia da ammirare. Ma se uno
conserva l’innocenza e vi unisce l’umiltà, non ti sembra che possieda un’anima
veramente bella? Maria Santissima non cessò di essere santa e non le mancò
l’umiltà; perciò il Re fu preso dalla sua bellezza, perché aveva associato l’umiltà
con l’innocenza. Guardò, dice, l’umiltà della sua serva (Lc 1,48). Beati dunque
coloro che custodiscono monde le loro vesti, vale a dire della semplicità e
dell’innocenza, a condizione però che vi aggiungano l’ornamento dell’umiltà.
Questi tali si sentiranno dire: Come sei bella, amica mia, come sei bella! Oh! Se tu lo
dicessi anche una sola volta all’anima mia, o Signore Gesù: ecco tu sei bella! Oh!
Se custodissi in me l’umiltà. Poiché ho malamente conservato la prima veste.
Sono tuo servo, non oso infatti dirmi amico, io che non mi sento ripetere la
testimonianza della mia bellezza. Mi basta se la sento una volta sola. Ma anche
questo è in questione? So che cosa fare: venererò come serva l’amica; io,
deforme omiciattolo ammirerò la stragrande bellezza che è in lei. Chissà se
almeno per questo troverò grazia agli occhi dell’amica, e in grazia di lei anch’io
verrò annoverato tra gli amici? E poi c’è l’amico dello Sposo, e gode oltremodo
per la voce dello Sposo (Gv 3,29). Ecco, la sua voce risuona alle orecchie della
diletta. Ascoltiamo e godiamo. Sono vicini, parlano insieme; stiamo vicini anche
noi; non ci sottragga a questo colloquio nessuna preoccupazione secolare,
nessuna lusinga di piaceri corporali.
II. 3. Ecco, dice, tu sei bella, amica mia, ecco tu sei bella. «Ecco» è una parola che
indica ammirazione, le altre sono parole di lode. È veramente da ammirare colei
che non è divenuta umile dopo aver perso la santità, ma perché rimanendo