Page 117 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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essa circa la vita presente e quella futura. Ora la questione da risolvere è se
l’anima, poiché non può essa sola arrogarsi ciò che può pretendere l’insieme di
tutte, non possa neppure in qualche modo attribuirsi tale prerogativa. Se non le
è lecito dobbiamo dire che queste parole e le altre simili che indicano grandi
cose come: Ho aspettato il Signore e si è rivolto a me (Sal 39,2), o altre che abbiamo
sopra riferite, vanno riferite alla Chiesa e in nessun modo a una singola
persona. Se qualcuno, al contrario, dice che questo è lecito, e io non dico di no,
bisogna vedere di chi si tratta; non è infatti certamente lecito a chiunque. La
Chiesa di Dio ha senz’altro i suoi uomini spirituali, i quali non solo fedelmente,
ma con fiducia trattano con lui, parlano con Dio quasi con un amico, e la loro
coscienza rende loro testimonianza di questo favore. Chi siano questi è un
segreto di Dio; ma tu ascolta quale devi essere, se desideri essere uno di questi.
Quello che dico non è tanto perché ne abbia fatto esperienza, quanto perché
vorrei fare questa esperienza. Dammi un’anima che nulla ami all’infuori di Dio
e di ciò che si deve amare per Dio, per la quale non solo vivere sia Cristo, ma lo
sia già stato da molto tempo, che abbia a cura e spenda il suo tempo a tenere
presente il Signore sempre, che sia sollecita nel camminare con il Signore suo
Dio, non dico con grande, ma con una sola volontà con lui, e non le manchi la
capacità di farlo, dammi dico, una tale anima e io non la nego degna della cura
dello Sposo, dello sguardo della maestà, del favore del dominatore, della
sollecitudine del governatore; e se vorrà gloriarsene non sarà insipiente: purché
chi si gloria, si gloria nel Signore. Così in ciò di cui molti si vantano, si vanterà
anche uno solo, ma per un’altra ragione.
2. Infatti, la santa moltitudine è resa fiduciosa dalle cause sopra dette, l’anima
santa per una duplice ragione. Prima di tutto la divinità dello Sposo, per la sua
natura semplicissima, può guardare molti come fossero uno solo, e uno solo
come fossero molti. Né si fa molteplice rispetto alla moltitudine, né raro rispetto
a pochi; né è diviso di fronte alla diversità, né ristretto rispetto a uno solo; né
ansioso nelle cure, né turbato o agitato nelle sollecitudini. Egli è così intento a
uno solo senza rendersene schiavo, e così intento ai più senza esserne diviso. E
poi, cosa soavissima, ma che molto raramente si può provare, tanta è la
degnazione del Verbo, tanta la benevolenza del Padre del Verbo verso l’anima
ben disposta e ben regolata, il che è effetto del lavoro del Padre e del Verbo, che
degnano anche della loro presenza quella che hanno prevenuto con tale loro
benedizione e si sono così preparata, e così non solo vengono ad essa, ma
pongono in essa la loro dimora. Non basta, infatti, a loro farsi vedere, ma
vogliono darsi con abbondanza.
II. Che cosa si vuol dire dicendo che il Verbo viene all’anima? Che la istruisce
nella sapienza. E che viene il Padre? Che le infonde l’amore della sapienza,
sicché essa possa dire: Sono divenuta amante della sua bellezza (Sap 8,2). È proprio
del Padre amare, e perciò la venuta del Padre si dimostra dall’amore infuso.
Che cosa gioverebbe l’erudizione senza la dilezione? Gonfierebbe. Che cosa
farebbe l’amore senza l’erudizione? Cadrebbe nell’errore. Erravano infatti quelli