Page 113 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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dello Sposo della Chiesa, Gesù Cristo nostro Signore che è sopra tutte le cose
                  Dio benedetto nei secoli. Amen.



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                  I. Quanto lo sposo si prenda cura della sposa e viceversa; soltanto della sposa egli si prende
                  cura. II. Dallo stato e dalla consumazione della Chiesa dipende la fine di tutti. III. I meriti o la
                  presunzione della Chiesa, e donde i suoi meriti.


                  I. 1. Ascoltate ora quello che ieri abbiamo rimandato, udite il gaudio che io ho
                  provato. È anche vostro: udite con gioia. Ho avuto questa sensazione a una sola
                  parola della sposa, e, dopo averne sentito il profumo, l’ho nascosta per servirla
                  oggi a voi, tanto più piacevolmente, quanto più tempestivamente. La sposa ha
                  parlato, e ha detto che lo Sposo era rivolto a lei. Chi è la sposa, e chi è lo Sposo?
                  Questi  è  il  nostro  Dio,  e  quella,  se  oso  dirlo,  siamo  noi,  con  la  rimanente
                  moltitudine dei prigionieri che egli conosce. Godiamo, la nostra gloria è questa:
                  siamo noi quelli verso i quali si rivolge Dio. Quanta disparità tuttavia! Che cosa
                  sono gli abitanti della terra e i figli dell’uomo di fronte a lui? Secondo il Profeta:
                  Sono come non fossero, e quasi un nulla e vanità sono considerati da lui (Is 40,17). Che
                  cosa significa, dunque, questa comparazione tra esseri così disparati? O la sposa
                  immensamente si vanta,  o lo  Sposo  immensamente  ama. Com’è  meraviglioso
                  che questa si attribuisca come cosa propria il fatto che lo Sposo è rivolto a lei,
                  dicendo:  Il  mio  diletto  a,  me!  Né  tuttavia  contenta  di  ciò  continua  a  vantarsi
                  maggiormente che essa risponde a lui, quasi imitandone l’atteggiamento e per
                  dargliene ricambio. Segue infatti: E io a lui. Parola insolente: E io a lui, né meno
                  insolente: Il mio diletto a me, ma più insolente dell’una e dell’altra, l’una e l’altra
                  insieme.

                  2.  Oh,  che  cosa  può  osare  un  cuore  puro  e  una  buona  coscienza  e  una  fede
                  sincera! «È rivolto a me», dice. Così dunque è rivolta a costei quella maestà a cui
                  appartiene il governo e insieme l’amministrazione dell’universo, e la cura dei
                  secoli  si  traduce  nei  soli  affari,  anzi  ozi  dell’amore  e  del  desiderio  di  costei?
                  Proprio così. Essa è infatti la Chiesa degli eletti, dei quali dice l’Apostolo: Tutte
                  le cose per gli eletti (2 Tm 2,10). E chi dubita che la grazia e la misericordia di Dio
                  sia  nei  suoi  santi,  e  il  suo  sguardo  sui  suoi  eletti?  Dunque,  non  neghiamo  la
                  provvidenza per tutte le altre creature, la cura la sposa la riserva a sé. Ha forse
                  Dio cura dei buoi? (1 Cor 9, 9). Certamente possiamo dire lo stesso dei cavalli, dei
                  cammelli, degli elefanti, e di tutte le bestie della terra; così dei pesci del mare e
                  degli uccelli del cielo, insomma di ogni cosa che vi è sulla terra, eccetto soltanto
                  coloro ai quali è detto: Gettando in lui ogni vostra preoccupazione perché egli ha cura
                  di voi (1 Pt 5,7). Non ti sembra che con queste parole voglia dire: «Rivolgetevi a
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