Page 116 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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di Cristo. Si rendono, però, indegni di questi se, potendolo, trascureranno di
aggiungervi i loro propri: questo è il pericolo dell’età adulta.
Cerca, dunque, di procurarti dei meriti. Una volta che li hai, sappi che li hai
ricevuti; spera come frutto la misericordia di Dio; e così avrai evitato ogni
pericolo della povertà, dell’ingratitudine, della presunzione. È dannosa la
povertà, la penuria di meriti; le vane ricchezze sono presunzione di spirito. E
perciò: Non darmi, o Signore, la ricchezza o la povertà, dice il Saggio (Pr 30,8). Felice
la Chiesa a cui non mancano i meriti senza presunzione, né la presunzione
senza i meriti. Ha di che presumere, ma non per i meriti; ha meriti, ma non per
presumere, ma per la ricompensa. Il fatto stesso di non presumere non è forse
meritare? Dunque, tanto più sicuramente presume quanto meno presume, e
non ha da confondersi nel vantarsi, avendone molte ragioni. Grandi sono le
misericordie del Signore, e la sua fedeltà dura in eterno.
7. Come non gloriarsi sicura quando, per dare ad essa testimonianza, la
misericordia e la verità si incontrano? Sia dunque che dica: Il mio diletto a me, sia
che dica: Ho aspettato il Signore e si è rivolto a me, o tante altre simili espressioni
che esprimono un certo affetto divino o un singolare favore, nulla di ciò riterrà
estraneo a sé, perché ha in sé la ragione di presumere del Signore, specialmente
perché non vede un’altra sposa o un’altra Chiesa alla quale si possono fare
quelle cose che non possono non essere fatte. Dunque, riguardo alla Chiesa è
chiaro che essa non avrà timore di applicare a sé tutte quelle cose. Circa
un’anima singola si può chiedere se sia spirituale e santa, e se sia lecito a lei
osare tali cose. Non potrebbe, infatti, una della moltitudine, per quanto sia
eminente in santità, arrogarsi tutte le prerogative che spettano alla sola cattolica
moltitudine, per la quale tutte sono fatte. Io penso che sia molto difficile che si
trovi in che modo possa una tale presunzione essere lecita. Credo, pertanto,
necessario tentare questo in un altro sermone, e non entrare adesso nella via di
una scrupolosa discussione di cui ignoriamo l’esito, se prima non avremo
pregato colui che apre e nessuno chiude, lo Sposo della Chiesa Gesù Cristo
nostro Signore, che è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli. Amen.
SERMONE LXIX
I. A quale anima spetta dire: «Il mio diletto a me...» e perché. Il. Che cosa è la venuta del Figlio e
del Padre nell’anima; il Padre abbassa con la sua ira ardente ogni altezza. III. Lo zelo di carità
nel quale il Padre e il Figlio vengono; la loro inabitazione e i segni per mezzo dei quali l’anima
avverte.
I. 1. Il mio diletto a me e io a lui (Cant 2,16). Nel sermone precedente abbiamo
attribuito queste parole alla Chiesa universale a motivo delle promesse fatte ad