Page 112 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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poiché siamo troppo infelici (Sal 78, 8).
VI. Bene la sposa più avanti mette queste stesse parole non nello stesso ordine,
ma segue anche lei l’ordine del Profeta dicendo così: Io al mio diletto e il mio
diletto a me (Cant 6,2). Perché così? Per dimostrarsi allora maggiormente piena
di grazia quando egli le ha dato tutte le grazie, attribuendo cioè a lui le prime e
le ultime parti. Diversamente come sarebbe piena di grazia, se ha avuto qualche
cosa non dalla grazia? Non c’è posto per la grazia dove il merito occupa tutto.
Dunque, la piena confessione della grazia dimostra nell’anima che fa questa
confessione la pienezza della medesima grazia. Poiché se c’è qualche cosa di
proprio, in quanto c’è, la grazia gli deve cedere il posto. Manca alla grazia
quanto attribuisci ai meriti. Non voglio il merito che escluda la grazia. Ho
orrore di tutto quello che viene da me per essere mio, se non che forse è
maggiormente mio quello che fa mio me. La grazia mi rende giustificato
gratuitamente, e così liberato dalla schiavitù del peccato. E poi dove è lo spirito,
ivi è la libertà (2 Cor 3,17).
11. Oh, sciocca sposa Sinagoga, che disprezzando la giustizia di Dio, cioè la
grazia del suo Sposo, e volendo costituire la giustizia propria non è soggetta
alla giustizia di Dio! Per questo la misera è stata ripudiata, e non è ormai più
sposa, ma sposa è la Chiesa, alla quale viene detto: Ti ho sposata nella fede, ti ho
sposata a me nel diritto e nella giustizia, ti ho sposata a me nella misericordia e
nell’amore (Os 2,19). Né tu hai scelto me, ma io ho scelto te, né per sceglierti ho
guardato ai tuoi meriti, ma li ho prevenuti, così dunque ti ho sposata a me nella
fede, e non nelle opere della legge. E ti ho sposato nella giustizia, ma nella
giustizia che viene dalla fede, non dalla legge. Resta che tu giudichi rettamente
tra me e il giudizio in cui ti ho sposata, dove è chiaro che non è intervenuto
alcun tuo merito, ma il mio beneplacito. Questo è il giudizio, che tu non faccia
gran caso dei tuoi meriti, non preferisca le opere della legge, non ti vanti di aver
sopportato il peso del giorno e del calore, tu che conosci di essermi stata sposata
piuttosto nella fede e nella giustizia che viene dalla fede, nonché nella
misericordia e nella compassione.
12. Colei che è veramente sposa conosce queste cose, e confessa l’una e l’altra
grazia: anzitutto quella che è la prima, che cioè è stata prevenuta, e poi anche
quella seguente. Dice parlando adesso: il mio diletto a me e io a lui, attribuendo il
principio al diletto; dirà in seguito: Io al mio diletto e il mio diletto a me,
concedendo ancora a lui la consumazione. Ora vediamo che cosa dice: Il mio
diletto a me. Se questo si prende in modo da sottintendere «si rivolge», come già
abbiamo detto e come dice il Profeta: Ho aspettato, ho aspettato il Signore, ed egli si
è rivolto a me, io in queste parole sento un non so che di non piccolo, né di
mediocre prerogativa. Ma non è bene esporre una cosa degna di ogni attenzione
a orecchie e menti stanche. Se non riesce gravoso differiamo questo discorso, e
non di molto. Domani il sermone comincerà di qui. Solamente pregate perché ci
difenda nel frattempo dalle assillanti occupazioni la grazia e la misericordia