Page 110 - Sermone sul Cantico dei cantici (II)
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6. Ma sono peccatore e mi resta da percorrere ancora una lunga strada perché
lontana dai peccatori è la salvezza (Sal 118,155). Non mormorerò tuttavia. Nel
frattempo mi consolerò con l’odore. Il giusto si rallegrerà nel Signore,
sperimentando con il gusto quello che io sento con l’odorato. Ciò che il giusto
contempla il peccatore lo aspetta, e l’attesa è l’odorato: La creazione attende con
impazienza la rivelazione dei figli di Dio (Rm 8,19). Ora, aspettare è gustare e
vedere come è soave il Signore.
IV. O non piuttosto è il giusto che aspetta, e chi già possiede è beato? L’attesa dei
giusti è gioia (Pr 10,28). Il peccatore, infatti, non aspetta nulla. È appunto
peccatore perché non solo trattenuto dai beni presenti, ma contentandosi di essi,
nulla aspetta nel futuro, sordo a quella voce: Aspettatemi, dice il Signore, nel
giorno della mia resurrezione in futuro (Sof 3,8). E perciò era giusto Simeone,
perché aspettava e adorava già Cristo in spirito prima che potesse adorarlo
nella carne; e beato nella sua attesa, e per l’odore dell’attesa pervenne al gusto
della contemplazione. E infine disse: I miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc
2,30). Giusto anche Abramo, che aspettò anche lui di vedere il giorno del
Signore, e non fu confuso nella sua attesa perché lo vide e ne fu pieno di gioia.
Giusti gli Apostoli quando udivano: E voi simili a uomini che aspettano il loro
Signore (Lc 12,36).
7. Giusto anche Davide quando diceva: Ho aspettato, ho aspettato il Signore (Sai
39,2). Egli è il quarto dei miei ruttatori che ho sopra nominati e che quasi
lasciavo in disparte. Ciò non conviene. Questi ha aperto la sua bocca e attirò lo
spirito, e, sazio, non solo eruttò, ma cantò anche. O Gesù buono, quanta
dolcezza ha questi infuso alle mie narici e ai miei orecchi nel suo rutto e canto
circa l’olio di esultanza di cui ti ha unto Dio a preferenza dei tuoi eguali, e la
mirra, l’aloe e la cassia delle tue vesti, e i palazzi d’avorio da cui ti allietano le cetre e le
figlie di re tra le tue predilette! (Sal 44,8-10). Oh! se mi concedessi di incontrare un
così grande Profeta e amico tuo nel giorno della solennità e della letizia, quando
esce dal tuo talamo cantando il suo epitalamio, con la cetra melodiosa e con
l’arpa, traboccante di gioia, asperso e cospergendo ogni cosa di polvere
aromatica! In quel giorno, o piuttosto, in quell’ora quando si tratta di un’ora, e
forse una mezz’ora, secondo il detto della Scrittura: Si fece silenzio in cielo per
quasi una mezz’ora (Ap 8,1) dunque in quell’ora si riempirà di gaudio la mia
bocca e la mia lingua di esultanza, poiché i singoli, non dico Salmi ma versetti li
sentirò come altrettanti rutti, e profumati più di ogni aroma. Che cosa più
fragrante del rutto di Giovanni, che mi sa di eternità del Verbo, della sua
generazione, della sua divinità? Che dirò dei rutti di Paolo, di quanta soavità
abbiano riempito il mondo? Egli era il buon odore di Cristo in ogni luogo.
Anche se non proferisce le parole ineffabili che ha udito, di modo che io pure le
possa udire, ne parla tuttavia per accendere il mio desiderio, e mi piaccia
odorare quello che non è possibile udire. Non so infatti per quale ragione le
cose che più sono nascoste piacciono maggiormente, e bramiamo con più
avidità quelle che ci sono negate.