Page 40 - Regola di San Benedetto
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gredisca sempre più nelle vie di Dio. Conservi sempre il posto che gli spetta in
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corrispondenza del suo ingresso in monastero, tranne che per il ministero
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dell’altare, oppure nel caso che la scelta della comunità o la volontà dell’abate
l’abbiano promosso in considerazione della sua vita esemplare. Sappia però che
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deve osservare la disciplina prestabilita per i decani e i superiori. Se avrà la pre-
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sunzione di agire diversamente, non sia più trattato come un sacerdote, ma come
un ribelle. E nell’eventualità che, dopo essere stato ammonito non si correggesse,
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si chiami a testimonio anche il vescovo. Ma se neanche allora si emendasse e le
sue colpe diventassero sempre più evidenti, sia espulso dal monastero, purché
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però sia stato così ostinato da non volersi sottomettere e obbedire alla Regola.
Capitolo LXIII - L’ordine della comunità
Nella comunità ognuno conservi il posto che gli spetta secondo la data del suo
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ingresso o l’esemplarità della sua condotta o la volontà dell’abate. Bisogna però
che quest’ultimo non metta lo scompiglio nel gregge che gli è stato affidato, pren-
dendo delle disposizioni ingiuste come se esercitasse un potere assoluto, ma
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pensi sempre che dovrà rendere conto a Dio di tutte le sue decisioni e azioni.
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Dunque i monaci si succedano nel bacio di pace e nella comunione, nell’intonare i
salmi e nei posti in coro, secondo l’ordine stabilito dall’abate o a essi spettante. E
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in nessuna occasione l’età costituisca un criterio distintivo o pregiudizievole per
stabilire i posti, perché Samuele e Daniele, quando erano ancora fanciulli, giudi-
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carono gli anziani. Quindi, a eccezione di quelli che, come abbiamo già detto,
l’abate avrà promosso per ragioni superiori o degradato per motivi fondati, tutti
gli altri occupino sempre i posti determinati dalla data del rispettivo ingresso, in
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modo che il monaco, arrivato - per esempio - in monastero alle 9, sappia di essere
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più giovane di quello arrivato alle 8, quale che sia la sua età e dignità. Per quanto
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riguarda i ragazzi, invece, si osservi in tutto e per tutto la relativa disciplina. I
più giovani, dunque, trattino con riguardo i più anziani, che a loro volta li ricam-
bino con amore. Anche quando si chiamano tra loro, nessuno si permetta di ri-
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volgersi all’altro con il solo nome, ma gli anziani diano ai giovani l’appellativo
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di «fratello» e i giovani usino per gli anziani quello di «reverendo padre», come
espressione del loro rispetto filiale. L’abate poi sia chiamato «signore» e «abate»,
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non perché si sia arrogato da sé un tale titolo, ma in onore e per amore di Cristo
del quale sappiamo per fede che egli fa le veci. 14. Da parte sua, però, rifletta
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sull’onore che gli viene tributato e se ne dimostri degno. Dovunque i fratelli si
incontrano, il più giovane chieda la benedizione al più anziano; quando passa
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un monaco anziano, il più giovane si alzi e gli ceda il posto, guardandosi bene dal
rimettersi a sedere prima che l’anziano glielo permetta, in modo che si realizzi
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quanto è scritto: «Prevenitevi a vicenda nel rendervi onore». I ragazzi più piccoli