Page 25 - Regola di San Benedetto
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Nel monastero questo vizio dev’essere assolutamente stroncato fin dalle radici,
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2. sicché nessuna si azzardi a dare o ricevere qualche cosa senza il permesso
dell’abate, né pensi di avere nulla di proprio, assolutamente nulla, né un libro,
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né un quaderno o un foglio di carta e neppure una matita, dal momento che ai
monaci non è più concesso di disporre liberamente neanche del proprio corpo e
della propria volontà, ma bisogna sperare tutto il necessario dal padre del mona-
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stero e non si può tenere presso di sé alcuna cosa che l’abate che l’abate non abbia
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dato o permesso. «Tutto sia comune a tutti», come dice la Scrittura, e «nessuno
dica o consideri propria qualsiasi cosa». Se poi si scoprisse qualcuno che si com-
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piace in questo pessimo vizio, bisognerà rimproverarlo una prima e una seconda
volta e, nel caso che non si corregga, infliggergli il dovuto castigo.
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Capitolo XXXIV - La distribuzione del necessario
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«Si distribuiva a ciascuno proporzionatamente al bisogno», si legge nella Scrit-
tura. Con questo non intendiamo che si debbano fare preferenze - Dio ce ne libe-
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ri! - ma che si tenga conto delle eventuali debolezze; quindi chi ha meno necessi-
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tà, ringrazi Dio senza amareggiarsi, mentre chi ha maggiori bisogni, si umili per
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la propria debolezza, invece di montarsi la testa per le attenzioni di cui è fatto og-
getto e così tutti i membri della comunità staranno in pace. Soprattutto biso-
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gna evitare che per qualsiasi motivo faccia la sua comparsa il male della mormora-
zione, sia pure attraverso una parola o un gesto. E, nel caso che se ne trovi col-
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pevole qualcuno, sia punito con maggior rigore.
Capitolo XXXV - Il servizio della cucina
I fratelli si servano a vicenda e nessuno sia dispensato dal servizio della cucina,
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se non per malattia o per un impegno di maggiore importanza, perché così si ac-
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quista un merito più grande e si accresce la carità. Ma i più deboli siano provve-
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duti di un aiuto, in modo da non dover compiere questo servizio di malumore;
anzi, è bene che, in generale, tutti abbiano degli aiuti in corrispondenza alla gran-
dezza della comunità e alle condizioni locali. In una comunità numerosa il celle-
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rario sia dispensato dal servizio della cucina, come anche i fratelli che, secondo
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quanto abbiamo già detto, sono occupati in compiti di maggiore utilità, ma tutti
gli altri si servano a vicenda con carità. Al sabato il monaco che termina il suo
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turno settimanale, faccia le pulizie. Si lavino gli asciugatoi usati dai fratelli per le
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mani e i piedi. Tanto il monaco che finisce il servizio, quanto quello che lo co-
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mincia, lavino i piedi a tutti. Il primo consegni puliti e intatti al cellerario tutti gli