Page 20 - Regola di San Benedetto
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Capitolo XIX - La partecipazione interiore all’ufficio divino
Sappiamo per fede che Dio è presente dappertutto e che «gli occhi del Signore
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guardano in ogni luogo i buoni e i cattivi», ma dobbiamo crederlo con assoluta
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certezza e senza la minima esitazione, quando prendiamo parte all’Ufficio divino.
3. Perciò ricordiamoci sempre di quello che dice il profeta: «Servite il Signore nel
timore» e ancora: «Lodatelo degnamente» e ancora: «Ti canterò alla presenza
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degli angeli». Consideriamo dunque come bisogna comportarsi alla presenza di
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Dio e dei suoi Angeli e partecipiamo alla salmodia in modo tale che l’intima di-
sposizione dell’animo si armonizzi con la nostra voce.
Capitolo XX - La riverenza nella preghiera
Se quando dobbiamo chiedere un favore a qualche personaggio, osiamo farlo
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solo con soggezione e rispetto, quanto più dobbiamo rivolgere la nostra supplica
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a Dio, Signore di tutte le cose, con profonda umiltà e sincera devozione. Bisogna
inoltre sapere che non saremo esauditi per le nostre parole, ma per la purezza del
cuore e la compunzione che strappa le lacrime. Perciò la preghiera dev’essere
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breve e pura, a meno che non venga prolungata dall’ardore e dall’ispirazione della
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grazia divina. Ma quella che si fa in comune sia brevissima e quando il superiore
dà il segno, si alzino tutti insieme.
Capitolo XXI - I decani del monastero
Se la comunità è abbastanza numerosa, si scelgano in essa alcuni monaci di
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buon esempio e di santa vita per costituirli decani; essi vigileranno premurosa-
mente, secondo le leggi di Dio e gli ordini dell’abate sui gruppi di dieci fratelli affi-
dati alle loro rispettive cure. Come decani devono essere eletti quei monaci con i
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quali l’abate possa tranquillamente condividere i suoi pesi e in tale scelta non bi-
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sogna tener conto dell’ordine di anzianità, ma regolarsi solo in considerazione del-
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la condotta esemplare e della scienza delle cose di Dio. Se poi fra questi decani ce
ne fosse qualcuno che, montato un po’ in superbia, dovesse essere ripreso, sia rim-
proverato una prima, una seconda e una terza volta e, se non vorrà correggersi,
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venga sostituito con un altro veramente degno. La stessa cosa stabiliamo per il
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priore.