Page 22 - Regola di San Benedetto
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Capitolo XXV - Le colpe più gravi
Il monaco colpevole di mancanze più gravi sia invece sospeso oltre che dalla
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mensa anche dal coro. Nessuno lo avvicini per fargli compagnia o parlare di
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qualsiasi cosa. Attenda da solo al lavoro che gli sarà assegnato e rimanga nel lut-
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to della penitenza, consapevole della terribile sentenza dell’apostolo che dice:
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«Costui è stato consegnato alla morte della carne, perché la sua anima sia salva nel
giorno del Signore». Prenda il suo cibo da solo nella quantità e nell’ora che
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l’abate giudicherà più conveniente per lui; non sia benedetto da chi lo incontra e
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non si benedica neppure il cibo che gli viene dato.
Capitolo XXVI - Rapporti dei confratelli con gli scomunicati
Se qualche monaco oserà avvicinare in qualche modo un fratello scomunicato, o
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parlare con lui, o inviargli un messaggio, senza l’autorizzazione dell’abate, in-
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corra nella medesima punizione.
Capitolo XXVII - La sollecitudine dell’abate per gli scomunicati
L’abate deve prendersi cura dei colpevoli con la massima sollecitudine, perché
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«non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati». Perciò deve agire
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come un medico sapiente, inviando in qualità di amici fidati dei monaci anziani e
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prudenti che quasi inavvertitamente confortino il fratello vacillante e lo spinga-
no a un’umile riparazione, incoraggiandolo perché «non sia sommerso da eccessi-
va tristezza», in altre parole «gli usi maggiore carità», come dice l’Apostolo «e
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tutti preghino per lui». Bisogna che l’abate sia molto vigilante e si impegni pre-
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murosamente con tutta l’accortezza e la diligenza di cui è capace per non perdere
nessuna delle pecorelle a lui affidate. Sia pienamente cosciente di essersi assunto
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il compito di curare anime inferme e non di dover esercitare il dominio sulle sane
7. e consideri con timore il severo oracolo del profeta per bocca del quale il Signore
dice: «Ciò che vedevate pingue lo prendevate; ciò invece che era debole lo getta-
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vate via». Imiti piuttosto la misericordia del buon Pastore che, lasciate sui monti
le novantanove pecore, andò alla ricerca dell’unica che si era smarrita ed ebbe
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tanta compassione della sua debolezza che si degnò di caricarsela sulle sue sacre
spalle e riportarla così all’ovile.