Page 12 - Regola di San Benedetto
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infatti un fratello obbedisce malvolentieri e mormora, non dico con la bocca, ma
                  anche solo con il cuore,   pur eseguendo il comando, non compie un atto gradito a
                                           18.
                  Dio,  il  quale  scorge  1a  mormorazione  nell’intimo  della  sua  coscienza;   19.   quindi,
                  con questo comportamento, egli non si acquista alcun merito, anzi, se non ripara e
                  si corregge, incorre nel castigo comminato ai mormoratori.



                  Capitolo VI - L’amore del silenzio

                      Facciamo come dice il profeta: «Ho detto: Custodirò le mie vie per non peccare
                   1.
                  con la lingua; ho posto un freno sulla mia bocca, non ho parlato, mi sono umiliato e
                                                       2.
                  ho taciuto anche su cose buone».    Se con queste parole egli dimostra che per a-
                  more del silenzio bisogna rinunciare anche ai discorsi buoni, quanto più è necessa-
                  rio troncare quelli sconvenienti in vista della pena riserbata al peccato!    Dunque
                                                                                                3.
                  l’importanza del silenzio è tale che persino ai discepoli perfetti bisogna concedere
                  raramente il permesso di parlare, sia pure di argomenti buoni, santi ed edificanti,
                  perché sta scritto:    «Nelle molte parole non eviterai il peccato»    e altrove: «Mor-
                                                                                        5.
                                      4.
                  te e vita sono in potere della lingua».    Se infatti parlare e insegnare é compito del
                                                           6.
                  maestro, il dovere del discepolo è di tacere e ascoltare.    Quindi, se bisogna chie-
                                                                               7.
                  dere qualcosa al superiore, lo si faccia con grande umiltà e rispettosa sottomissio-
                  ne.    Escludiamo poi sempre e dovunque la trivialità, le frivolezze e le buffonerie e
                      8.
                  non permettiamo assolutamente che il monaco apra la bocca per discorsi di questo
                  genere.



                  Capitolo VII - L’umiltà


                   1.
                      La sacra Scrittura si rivolge a noi, fratelli, proclamando a gran voce: «Chiunque
                  si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato».    Così dicendo, ci fa intendere
                                                                          2.
                  che ogni esaltazione è una forma di superbia,    dalla quale il profeta mostra di vo-
                                                                    3.
                  lersi guardare quando dice: «Signore, non si è esaltato il mio cuore, né si è innalza-
                  to il mio sguardo, non sono andato dietro a cose troppo grandi o troppo alte per
                  me».    E allora? «Se non ho nutrito sentimenti di umiltà, se il mio cuore si è insu-
                         4.
                  perbito, tu mi tratterai come un bimbo svezzato dalla propria madre».    Quindi,
                                                                                                5.
                  fratelli miei, se vogliamo raggiungere la vetta più eccelsa dell’umiltà e arrivare ra-
                  pidamente a quella glorificazione celeste, a cui si ascende attraverso l’umiliazione
                  della vita presente,    bisogna che con il nostro esercizio ascetico innalziamo la sca-
                                        6.
                  la che apparve in sogno a Giacobbe e lungo la quale questi vide scendere e salire
                  gli angeli.    Non c’è dubbio che per noi quella discesa e quella salita possono esse-
                              7.
                                                                                                         8.
                  re interpretate solo nel senso che con la superbia si scende e con l’umiltà si sale.
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