Page 7 - Regola di San Benedetto
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Fine del Prologo
Capitolo I - Le varie categorie di monaci
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1. È noto che ci sono quattro categorie di monaci. La prima è quella dei cenobiti,
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che vivono in un monastero, militando sotto una regola e un abate. La seconda è
quella degli anacoreti o eremiti, ossia di coloro che non sono mossi
dall’entusiastico fervore dei principianti, ma sono stati lungamente provati nel
monastero, dove con l’aiuto di molti hanno imparato a respingere le insidie del
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demonio; quindi, essendosi bene addestrati tra le file dei fratelli al solitario com-
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battimento dell’eremo, sono ormai capaci, con l’aiuto di Dio, di affrontare senza il
sostegno altrui la lotta corpo a corpo contro le concupiscenze e le passioni. La
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terza categoria di monaci, veramente detestabile è formata dai sarabaiti: molli co-
me piombo, perché non sono stati temprati come l’oro nel crogiolo dell’esperienza
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di una regola, costoro conservano ancora le abitudini mondane, mentendo a Dio
con la loro tonsura. A due a due, a tre a tre o anche da soli, senza la guida di un
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superiore, chiusi nei loro ovili e non in quello del Signore, hanno come unica legge
l’appagamento delle proprie passioni, per cui chiamano santo tutto quello che
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torna loro comodo, mentre respingono come illecito quello che non gradiscono.
C’è infine una quarta categoria di monaci, che sono detti girovaghi, perché per tut-
ta la vita passano da un paese all’altro, restando tre o quattro giorni come ospiti nei
vari monasteri, sempre vagabondi e instabili, schiavi delle proprie voglie e dei
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piaceri della gola, peggiori dei sarabaiti sotto ogni aspetto. Ma riguardo alla vita
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sciagurata di tutti costoro è preferibile tacere piuttosto che parlare. Lasciamoli
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quindi da parte e con l’aiuto del Signore occupiamoci dell’ordinamento della pri-
ma categoria, ossia quella fortissima e valorosa dei cenobiti.
Capitolo II - L’Abate
Un abate degno di stare a capo di un monastero deve sempre avere presenti le
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esigenze implicite nel suo nome, mantenendo le proprie azioni al livello di supe-
riorità che esso comporta. Sappiamo infatti per fede che in monastero egli tiene il
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posto di Cristo, poiché viene chiamato con il suo stesso nome, secondo quanto
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dice l’Apostolo: «Avete ricevuto lo Spirito di figli adottivi, che vi fa esclamare: Ab-
ba, Padre!» Perciò l’abate non deve insegnare, né stabilire o ordinare nulla di
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contrario alle leggi del Signore, anzi il suo comando e il suo insegnamento devo-
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no infondere nelle anime dei discepoli il fermento della santità. Si ricordi sempre
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che nel tremendo giudizio di Dio dovrà rendere conto tanto del suo insegnamento,