Page 70 - Rationale Divinorum Officiorum
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detto che l’edificio stesse crollando dall’alto al basso, ma di colpo la calma
                  si ristabilì, e l’antico nemico non turbò più il luogo santo. In secondo luo-
                  go, la chiesa, per la sua dedicazione, diventa luogo di rifugio per tutti co-
                  loro che sono inseguiti dalla giustizia umana. Gioab corse al tabernacolo e
                  si strinse all’angolo dell’altare. La terza ragione sta nel fatto che la chiesa
                  è consacrata affinché vi si possano offrire delle preghiere, come lo espri-
                  me l’orazione seguente della messa della Dedicazione: «Fate, Signore, che
                  tutti quelli che saranno qui riuniti per pregare, possano ottenere, quali che siano
                  le loro prove, l’effetto delle vostre consolazioni». Così pregò Salomone alla de-
                  dicazione del tempio di Gerusalemme. In quarto luogo, la chiesa è consa-
                  crata affinché vi si possa offrire un sacrificio di lode, cosa di cui abbiamo
                  trattato sotto la voce Chiese. Quinta e ultima ragione, perché vi si possa-
                  no amministrare i sacramenti della Chiesa, ed è per questo che la chiesa
                  prende il nome di tabernacolo o albergo di Dio, nel quale i misteri divini
                  sono contenuti e amministrati.
                  Parleremo Ora della maniera di fare una dedicazione. Ogni persona deve
                  essere  uscita dalla chiesa, salvo un solo diacono,  mentre  il  vescovo e  il
                  suo clero rimangono davanti alla posta esterna e cominciano a benedire
                  con l’acqua mescolata al sale. Contemporaneamente dodici lampade sono
                  accese all’interno dell’edificio, davanti alle dodici croci che sono dipinte
                  sul muro. In seguito il vescovo, seguito dal clero e dai fedeli, fa il giro del-
                  la  chiesa  aspergendo  i  muri  esterni  con  un  ramo  di  issopo  intinto
                  nell’acqua benedetta. Ogni volta che arriva alla porta, batte la soglia con il
                  suo pastorale dicendo: «Levatevi, o porte, ecc.». Il diacono dall’interno ri-
                  sponde: «Chi è il Re della gloria?», il pontefice continua: «Il Signore delle ar-
                  mate, ecc.». La terza volta la porta viene però aperta, e il vescovo entra ac-
                  compagnato  solamente  da  qualcuno  dei  suoi  ministri,  il  clero  e  i  fedeli
                  rimangono fuori; egli dice: «La pace sia in questa casa». Da questo momento
                  iniziano  le  litanie.  Una  croce  viene  tracciata  sul  pavimento  della  chiesa
                  con della sabbia e della cenere, sulla quale vengono segnate tutte le lettere
                  dell’alfabeto latino e greco. Il vescovo benedice ancora dell’acqua mesco-
                  lata a sale, ceneri e vino, e dedica in seguito l’altare. Alla fine unge con la
                  santa crema le dodici croci che sono dipinte sul muro.
                  Non si può dubitare che le cose rappresentate qui con dei segni sensibili
                  sono prodotte invisibilmente nell’animo, che è il tempio del vero Dio. La
                  fede pone le fondamenta, la speranza eleva l’edificio e la carità vi passa
                  l’ultima mano, perché la Chiesa cattolica stessa, costruita da molte pietre
                  viventi, è il tempio del Signore. Di tutti i suoi diversi templi essa non ne
                  fa che uno, perché uno è Dio e una è la fede. È necessario dunque che la
                  casa sia dedicata, e che l’animo sia santificato.
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