Page 19 - Rationale Divinorum Officiorum
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terranee  che  si  scavano  in  certe  chiese,  sono  gli  eremiti  che  conducono
                  una vita più ritirata che gli altri uomini.

                  XX. DELL’ATRIO

                  L’atrio della chiesa rappresenta il Cristo attraverso il quale si apre per noi
                  l’entrata della Gerusalemme celeste; è chiamato anche portico (porticus),
                  dalla porta (a porta), o da ciò che è aperto a tutti come una porta (a portu).

                  XXI. DELLE TORRI

                  Le torri della chiesa sono i predicatori e prelati della Chiesa che formano
                  il suo baluardo e la difendono. Per questo lo sposo parla così alla sposa
                  nei cantici d’amore: «Il tuo collo, somiglia alla torre di David, è alto e munito
                  di macchine da guerra e di armi per i combattimenti». Il pinnacolo o la cima
                  della torre rappresenta la vita o l’animo del prelato che tende alle cose e-
                  levate.

                  XXII. DEL GALLO

                  Il gallo, posto sulla  chiesa, è  l’immagine dei predicatori, perché il gallo
                  veglia  nella  notte  buia,  divide  le  ore  col  suo  canto,  risveglia  quelli  che
                  dormono, celebra il giorno che si avvicina; prima però si risveglia e si ec-
                  cita per invitarsi a cantare, sbattendo i fianchi delle proprie ali. Queste co-
                  se  non  sono  senza  mistero.  Perché  la  notte  è  questo  secolo;  quelli  che
                  dormono sono i figli di questa notte, addormentati nelle loro iniquità; il
                  gallo rappresenta i predicatori che pregano ad alta voce e risvegliano co-
                  loro che dormono, per far loro rigettare le opere delle tenebre, gridando:
                  «Sciagura a coloro che dormono! Alzati, tu che stai dormendo!». Annunciano la
                  luce a venire, quando predicano il giorno del giudizio e la gloria futura
                  ma, pieni di prudenza, prima di predicare agli altri la pratica della virtù,
                  essi  si  risvegliano  dal  sonno  del  peccato  e  castigano  il  loro  corpo.
                  L’apostolo stesso è testimone di ciò, quando afferma: «Ho castigato il mio
                  corpo, e l’ho ridotto in schiavitù, per paura che casualmente, dopo aver predicato
                  agli altri, non divenga io stesso da biasimare» (Ct 4, Rm 14, Ef 5, 1 Cor 9). E
                  come il gallo, i predicatori si volgono contro il vento, quando resistono
                  fortemente a coloro che si rivoltano contro Dio, riprendendoli e convin-
                  cendoli  dei  loro  crimini,  per  paura  di  non  essere  accusati  di  fuga
                  all’avvicinarsi del lupo. La sbarra di ferro sulla quale il gallo è appollaia-
                  to, rappresenta la parola inflessibile del predicatore, e mostra che egli non
                  deve parlare dello spirito dell’uomo, ma di quello di Dio, secondo queste
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